mercoledì 8 luglio 2020

Orina in pieno centro, minaccia una donna, poi distrugge una vetrata: la follia di un marocchino a Lucca (Video)



Caos e violenza all’ufficio immigrazione della questura di Lucca, dove intorno alle 4.30 un marocchino di 29 anni si è avvicinato agli uffici e, dopo aver impugnato una transenna, ha colpito ripetutamente il vetro della porta, fino a disintegrarlo. Il tutto è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza e, grazie alla segnalazione di un operatore, in pochi minuti sul posto sono arrivate alcune volanti della polizia.

 L’immigrato ha provato inizialmente ad allontanarsi per poi arrendersi e consegnarsi alle forze dell’ordine: Bahara Zouheir, questo il suo nome, è stato arrestato.Ma la furia distruttrice è stato solo l’ultimo episodio di una lunga liste di violenze commesse dal marocchino, al quale pochi giorni fa era stato revocato il permesso di soggiorno.

Poco prima, era stato sorpreso a orinare davanti a un esercizio pubblico, in pieno centro, a piazza San Michele: dunque, la sanzione per atti osceni in luogo pubblico. E ancora, in precedenza, dopo essersi affacciato alla finestra di casa, aveva iniziato a minacciare i passanti gridando loro frasi incomprensibili; e ancora, aveva recentemente minacciato una donna con una cintura.

Allarme dalla Libia: “Qui il coronavirus dilaga”. “I migranti infetti possono scappare verso l’Italia”



Di Mauro Indelicato – Gli ultimi sbarchi di navi Ong hanno fatto intuire che qualcosa, sotto il profilo sanitario, dall’altra parte del Mediterraneo non va: 28 i positivi al coronavirus approdati dalla Sea Watch 3, 8 invece quelli arrivati dalla nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans. In Libia dunque, c’è più di una preoccupazione legata all’evoluzione dell’epidemia di Covid-19. I casi ufficiali hanno superato le migliaia di unità, con un’importante crescita nel numero dei tamponi positivi negli ultimi giorni. Il primo positivo nel Paese è stato registrato il 25 marzo scorso: si trattava di un cittadino di ritorno dall’Arabia Saudita, ricoverato per alcuni giorni a Tripoli prima di essere dimesso.

Da lì sono poi scattate misure di distanziamento sociale molto rigide, ma la vera attenzione nelle settimane successive si è spostata sul conflitto viste avanzate del Gna, le forze cioè fedeli al governo, a scapito dell’Lna guidato da Khalifa Haftar. Adesso l’emergenza Covid è tornata centrale, specie dopo gli ultimi incrementi dei casi. A confermare questa situazione da Tripoli è Faraj Aljarih: giornalista libico residente nella capitale del Paese nordafricano e collaboratore di AgenziaNova, al Giornale.it il contesto da lui prospettato è tutt’altro che roseo, sia per la Libia che per l’Italia.
Qual è la situazione in Libia riguardo al coronavirus?
La situazione epidemiologica in Libia sta peggiorando, ci sono circa un migliaio di casi confermati e il numero di nuovi casi sta aumentando. Non ci sono abbastanza test per misurare l’estensione del Coronavirus e il paese soffre di un sistema sanitario che non è in grado di far fronte alla pandemia in alcun modo.
È vero che il picco di infezione non è stato ancora raggiunto?
La Libia non ha ancora raggiunto l’apice della diffusione del virus e siamo solo all’inizio. Data la situazione epidemiologica nel Paese, si può affermare che il peggio deve inevitabilmente ancora arrivare, soprattutto se le autorità continuano a non prendere provvedimenti concreti sul terreno per contrastare la diffusione del virus.
A proposito: quali sono le misure prese dal governo?
Non ci sono misure efficaci che il governo sta prendendo. In Libia, ci sono due governi, uno in Cirenaica e l’altro in Tripolitania: ciascuno di essi ha adottato semplici misure che non sono sufficienti per contrastare il virus. Il risultato è che i casi confermati si intensificano ogni giorno. All’inizio della diffusione del virus nei Paesi vicini, i governi di Cirenaica e Tripolitania hanno implementato alcune misure come il coprifuoco e la sospensione dei voli da e per la Libia, ma sono stati gli stessi governi i primi a violare queste misure. Ad esempio, il governo di Tripoli, guidato da Fayez al-Sarraj, ha continuato a far affluire mercenari siriani pro-Turchia con voli attraverso Misurata e l’aeroporto di Mitiga. A volte si contavano più di voli al giorno di questo tipo. Di conseguenza, scopriamo poi che le aree in cui sono arrivati ​​i mercenari dalla Siria, quali ad esempio Misurata e la stessa Tripoli, sono state le prime ad essere raggiunge dalla diffusione del virus in Libia. Tra i nuovi hotspot in cui è emerso il virus, c’è anche quello di Sebha, la città cioè considerata come capitale della migrazione illegale dall’Africa sub-sahariana attraverso la Libia verso l’Europa.
In Italia c’è preoccupazione per i contagi nei centri di accoglienza per i migranti: qual è la situazione?
Le informazioni sul numero di casi confermati nei centri di detenzione sono molto scarse. I centri di detenzione dei migranti sono controllati da milizie non governative e gestiscono la situazione in base all’ideologia di ciascun gruppo armato. Ci sono molti centri di detenzione che il governo e le organizzazioni internazionali non conoscono. Data la cattiva reputazione dei centri di detenzione, specialmente nella Libia occidentale, la possibilità che queste strutture diventino punti caldi dell’epidemia è molto alta.
Esiste la possibilità che i migranti infettati dal coronavirus stiano fuggendo ed entrando in Italia?
Questo è molto probabile. Perché le milizie armate che controllano i centri di detenzione nella Libia occidentale sono accusate di traffico di migranti e di guadagnare ingenti somme di denaro per spedire attraverso il mare verso l’Italia e il resto dell’Europa. Quindi la chiave qui è il denaro. Inoltre, le rotte migratorie illegali dalla Libia meridionale e dalla Libia continuano a funzionare nonostante il virus.
Esiste un bilancio ufficiale dei casi di coronavirus all’interno dei centri di accoglienza?
Vi sono pochissime informazioni sulla situazione epidemiologica nei centri di detenzione. L’agenzia che segnala casi confermati opera da Tripoli controllata da gruppi armati che gestiscono le strutture per i migranti. Pertanto, anche se sono disponibili informazioni sulla situazione epidemiologica in questi centri, tali informazioni potrebbero non essere affidabili.
Sappiamo che molti casi di coronavirus sono stati registrati nella Libia meridionale, dove passano le rotte dei migranti: questa situazione potrebbe aumentare i casi di coronavirus?
Sì, il numero di casi confermati a Sebha e nella Libia meridionale è in aumento. Ogni giorno ci sono nuovi casi che non erano in contatto fisico con casi già infetti. La città di Sebha è amministrativamente affiliata al governo di Tripoli e segue militarmente le autorità in Cirenaica. Questo rende la città trascurata da entrambi i governi. Sebha è anche un punto importante sulle rotte migratorie illegali dalla città di Murzuq, Al-Qatrun e dai confini della Libia con l’Africa sub-sahariana. La brutta situazione a Sebha e nel sud dovrebbe peggiorare nei prossimi giorni, soprattutto con l’assenza di adeguate infrastrutture sanitarie.

Non ci sono ospedali in città in grado di ricevere casi confermati e fornire loro assistenza medica, il personale medico addestrato se p considerabile carente in tutta la Libia si può considerare quasi inesistente a Sebha. A questo si aggiunga la mancanza di sostegno del governo per il settore sanitario in città e la quantità di corruzione finanziaria ed amministrativa che impedisce agli aiuti di raggiungere coloro che ne hanno bisogno. Sebha è una Libia in miniatura, ciò che accade al suo interno è specchio di quanto sta accadendo in tutto il Paese.

“Botte e violenze sessuali sugli immigrati”, l’orrore del prete pro-accoglienza: “Minacciava di buttarmi in strada”



Di Alberto Giorgi – Padre Antonio Zanotti è nei guai. La sua comunità Oasi 7, in provincia di Bergamo, è al centro di un’indagine in cui il religioso stesso è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Secondo gli inquirenti, il convento in cui frate Zanotti è deus ex machina ha rendicontato spese inesistenti, emettendo così fatture false, per assicurarsi i 35 euro quotidiano erogati dallo Stato per ciascun migrante ospitato.

Ora a questa brutta storia se ne somma un’altra altrettanto brutta. E non è una storia nuova, bensì un qualcosa che era già emerso due anni fa. Il religioso è infatti accusato di abusi sessuali da un immigrato che fu ospite della comunità del bergamasco.

Nel luglio di due anni fa, come riportò il Corriere della Sera, il ragazzo sostenne di aver subito abusi nella comunità di Zanotti (che accoglie profughi e minori in difficoltà), portando all’attenzione delle autorità anche filmini e fotografie hard, depositate sia alla Procura di Roma sia in Vaticano, con tanto di denuncia per violenza sessuale. In quei materiali il frate cappuccino è in compagnia di un ragazzo.

Lo straniero che accusa Zanotti racconta, sostanzialmente, di essere stato costretto – a suon di botte e minacce – a diventare l’amante dell’uomo di Chiesa.

Ecco la Chiesa: in questi due anni di provvedimenti radicali da parte delle autorità ecclesiastiche non ne sono arrivati. Ciò che è arrivato è solamente un comunicato dei cappuccini per prendere le distanze da Zanotti, che fino a oggi però continua a indossare l’abito talare.

“Dopo circa tre o quattro mesi dal mio arrivo all’Oasi 7, il frate cominciò ad approcciarmi sessualmente. Poi, dopo avermi invitato a bere nella sua stanza, mise le mani nei miei genitali. Nonostante non fosse mio desiderio avere rapporti sessuali con il frate, non riuscivo ad oppormi…”, la testimonianza choc del migrante, riportate quest’oggi da La Verità.

Ed eccone un altro estratto preoccupante: “Padre Zanotti cominciò a farmi dei regali costosi, mi prometteva un lavoro retribuito e, se accondiscendevo alle sue richieste […] Mi minacciava che senza di lui avrei passato la mia vita in mezzo alla strada insieme ai disperati”. Un racconto sconvolgente che prosegue così: “Le pretese di padre Zanotti erano sempre più insistenti e pressanti. Mi toccava di continuo. E mi costrinse a prendere del Viagra (una volta mi fece persino ingerire tre pasticche) perché lui potesse soddisfarsi…”. La Curia continuerà a rimanere in silenzio?

martedì 7 luglio 2020

Silvia Romano torna a farsi sentire ed è subito delirio: “Per me il velo è un simbolo di libertà”



(Adnkronos) – ”Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima. Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale”. Lo dice Silvia Romano, la cooperante milanese rapita nel 2018 in Kenya e successivamente liberata, al giornale on line ‘La Luce’.

“Quando vado in giro sento gli occhi della gente addosso; non so se mi riconoscono o se mi guardano semplicemente per il velo; in metro o in autobus credo colpisca il fatto che sono italiana e vestita così. Ma non mi dà particolarmente fastidio – dice Silvia – Sento la mia anima libera e protetta da Dio”.

”L’idea che avevo dell’Islam – racconta – era quella che in molti purtroppo hanno quando non ne sanno niente. Quando vedevo le donne col velo in via Padova, avevo quel tipico pregiudizio che esiste nella nostra società, pensavo: poverine! Per me quelle donne erano oppresse, il velo rappresentava l’oppressione della donna da parte dell’uomo”.

”Io non avevo paura del diverso e nemmeno ostilità, ma quel pregiudizio negativo c’era. Sicuramente, pur pensando certe cose non le avrei mai dette per evitare di ferire gli altri, ma sì, il pregiudizio lo avevo; per quello posso capire chi oggi, non conoscendo l’Islam, pensa queste cose – aggiunge – All’epoca ero una persona ignorante, non conoscevo l’Islam e giudicavo senza mai essermi impegnata a conoscere”.

”Nel momento in cui fui rapita, iniziando la camminata – racconta ancora – iniziai a pensare: io sono venuta a fare volontariato, stavo facendo del bene, perché è successo questo a me? Qual è la mia colpa? È un caso che sia stata presa io e non un’altra ragazza? È un caso o qualcuno lo ha deciso? Queste prime domande credo mi abbiano già avvicinato a Dio, inconsciamente. Ho iniziato da lì un percorso di ricerca interiore fatto di domande esistenziali. Mentre camminavo, più mi chiedevo se fosse il caso o il mio destino, più soffrivo perché non avevo la risposta, ma avevo il bisogno di trovarla”.

”Più mi facevo domande e più piangevo e stavo male; mi arrabbiavo perché non trovavo la risposta e andavo in ansia. Non avevo la risposta ma sapevo che c’era e ci dovevo arrivare. Capivo che c’era qualcosa di potente ma non l’avevo ancora individuato, però capivo che si trattava di un disegno, qualcuno lassù – dice Silvia – lo aveva deciso”.

”Il passaggio successivo – prosegue – è avvenuto dopo quella lunga marcia, quando già ero nella mia prigione; lì ho iniziato a pensare: forse Dio mi ha punito. Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perché non credevo in Lui, perché ero anni luce lontana da Lui”.

E ”a un certo punto ho iniziato a pensare che Dio, attraverso questa esperienza, mi stesse mostrando una guida di vita, che ero libera di accettare o meno”. ”Prima di essere rapita ero completamente indifferente a Dio, anzi potevo definirmi una persona non credente – spiega – spesso, quando leggevo o ascoltavo le notizie sulle innumerevoli tragedie che colpiscono il mondo, dicevo a mia madre: vedi, se Dio esistesse non potrebbe esistere tutto questo male … quindi Dio non esiste, altrimenti eviterebbe tutto questo dolore”.

E alla domanda su come si possa abbracciare la fede delle persone che stavano commettendo un’ingiustizia nei suoi confronti, Silvia Romano risponde: ”Dopo aver letto il Corano non ci trovai contraddizioni e fin da subito sentii che era un libro che guidava al bene. Il Corano non è la parola di Al Shabaab! Ad un certo punto sentii che era un miracolo, per questo la mia ricerca spirituale continuava e acquisivo sempre più consapevolezza dell’esistenza di Dio”.

”Un altro momento importante è stato a gennaio, ero in Somalia in una stanza di una prigione, da pochi giorni. Era notte e stavo dormendo quando sentii per la prima volta nella mia vita un bombardamento, in seguito al rumore di droni. In una situazione di terrore del genere e vicino alla morte iniziai a pregare Dio chiedendogli di salvarmi perché volevo rivedere la mia famiglia; gli chiedevo un’altra possibilità perché avevo davvero paura di morire. Quella è stata la prima volta in cui mi sono rivolta a Lui”.

Odia Salvini, è una fan delle sardine e dell’invasione: l’avvocato di Carola Rackete si candida col PD



Di Giuseppe De Lorenzo – La ricordiamo al fianco di Monica Cirinnà con la scritta “Frociaria di Stato” e il font della polizia stampato sulla maglietta. La ricordiamo mostrare orgogliosa la t-shirt “meglio frocio che fascista”. Ma anche per le sue battaglie da attivista Lgbt, per gli affondi social contro Matteo Salvini, per la difesa da avvocato di Carola Rackete e gli elogi alle sardine. Presto, però, potremmo vedere Cathy La Torre sotto un’altra luce: quella che illumina la sedia più importante di Palazzo D’Accursio, storica sede comunale di Bologna.

Come già anticipato a febbraio dal Giornale, Cathy vuole realizzare il suo “sogno”. E così ha deciso di fare il passo che tanti le domandavano e che, dice lei, le chiede anche “una voce dentro”. Lo slogan pare sia “Tutta tua la città”, presto dovrebbe iniziare a girare la “Vecchia Signora” (copyright Guccini) per raccogliere i suggerimenti dei cittadini. “La vera sfida – ha detto a Repubblica – per me è conoscere quello che mi è lontano. Per esempio sono curiosa di sapere perché tanta gente a Bologna ha votato Lega o Fratelli d’Italia”.

Nata a Trapani nel 1980, La Torre il Palazzo bolognese lo conosce già, visto che dal 2011 al 2016 è stata consigliere comunale per Sinistra Ecologia e Libertà. Fondatrice di Gaylex.it, recentemente ha ammesso di aver pensato di cambiare sesso ma “non ero convinta di voler essere uomo, però non mi sento totalmente una donna”. A lei si deve la nascita della campagna “Odiare ti costa” contro gli insulti che volano ogni giorni sui social. E ha fatto parlare di sé anche per le dure polemiche contro il leader della Lega: basti pensare alla giustificazione della ragazza che sull’aereo si scattò una foto con il leghista addormentato e il dito medio bene in vista; oppure alla difesa del 17enne tunisino che al Pilatro ricevette la telefonata del leader del Carroccio; o ancora alla diffida recapitata dopo che la “Bestia” mostrò il video della sardina Sergio Echamanov che si ingarbugliava con le parole sul palco di San Pietro in Casale. Senza dimenticare, ovviamente, che durante lo scontro tra Salvini e le Ong, Cathy ricevette da Sea Watch il mandato di tutelare civilmente il capitano Rackete che con la sua nave carica di migranti forzò il blocco imposto dall’allora ministro leghista.

La sfida lanciata da Cathy – va detto – è tutta in salita. Da ex vendoliana si candida alla guida della città da outsider della sinistra, un po’ sulla scia del successo conquistato da Elly Schlein alle ultime regionali (“siamo amiche da una vita”). Ma ci sono da superare le resistenze del Pd. Le carte in regola per raccogliere consensi lei le avrebbe tutte: da attivista Lgtb metterebbe d’accordo un voto di opinione che a Bologna conta mica poco; il pedigree anti-leghista è di tutto rispetto, quanto basta per apparire come l’argine perfetto alle mire del centrodestra sulla città; sono inoltre note le sue posizioni in difesa dei migranti; ed è ormai vicina alle sardine, altro probabile catalizzatore di preferenze nei luoghi dove il movimento di Mattia Santori è nato. Non a caso, due giorni fa Cathy era a Roma agli Stati Popolari di Aboubakar Soumahoro insieme a Jasmine Cristallo, Lorenzo Donnoli, Santori e gli altri pesciolini.

Il Pd dal canto suo per ora non si sbilancia. Tra le sue fila i candidati naturali sarebbero due esponenti della giunta Merola, Alberto Aitini e Matteo Lepore. In panchina c’è pure il rettore dell’Università Francesco Ubertini. E pare che anche Pier Ferdinando Casini stia proponendo un suo uomo, Gian Luca Galletti. Cathy punta però ad ottenere le primarie di coalizione, così da pesare i voti. La “ditta” si pronuncerà probabilmente a settembre, dopo la Festa dell’Unità. Appuntamento al 2021.

lunedì 6 luglio 2020

Porto Empedocle, il drammatico appello del sindaco M5S: “Siamo invasi dai migranti, Conte venga qui”



Di Laura Ferrari – Un appello al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, perché “vengano a constatare di persona qual è la situazione sul nostro territorio”. A lanciarlo è Ida Carmina, sindaco pentastellato di Porto Empedocle nell’Agrigentino, dopo l’ennesimo tentativo di fuga di alcuni migranti dal centro di accoglienza Villa Sikania a Siculiana. “Ormai c’è un corto circuito istituzionale – dice Carmina – e la mia, come quella di altri sindaci del comprensorio, rischia di essere una voce nel deserto. Da tempo chiediamo invano aiuto. Per anni Porto Empedocle ha accolto i migranti con senso di responsabilità, ma adesso l’emergenza sanitaria impone risposte adeguate che tardano ad arrivare”. In rada sulla Moby Zaza restano i migranti risultati positivi al Covid-19, una trentina in tutto, mentre a Siculiana, a pochi chilometri da Porto Empedocle, sala la tensione a causa dei tentativi di fuga dei migranti dal centro di accoglienza.
Il sindaco grillino contro Conte: “Ci ha abbandonato”
“Si continua a sottovalutare una situazione che rischia di essere esplosiva – aggiunge il sindaco Carmina -, gli animi dei miei concittadini sono parecchio esasperati e nei prossimi mesi, con gli arrivi destinati a moltiplicarsi, temo davvero il peggio”. Una situazione che per il primo cittadino è aggravata dalla “assoluta mancanza di comunicazione”. “Apprendo dalla stampa dei trasferimenti dei migranti da Lampedusa a qui, una situazione davvero paradossale. Perché tutta questa segretezza in un momento di così grave emergenza sanitaria?”. Da giorni il primo cittadino lamenta uno “stato di abbandono” e l’assenza da parte del Governo centrale di “risposte adeguate”. “Invito il premier Conte e lo stesso ministro Lamorgese a venire qui per rendersi conto di qual è la situazione reale al di là delle comunicazioni ufficiali. L’emergenza non riguarda solo Lampedusa e non si può continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto. Vengano a vedere con i propri occhi quello che sta succedendo perché è inammissibile che intere comunità siano esposte a un rischio continuo. E’ evidente che non va tutto bene, chiediamo aiuto ma non sappiamo più a chi rivolgerci”, conclude Carmina.
Da Porto Empedocle e Siculiana è emergenza migranti
Anche a Siculiana, dove ieri sera alcuni migranti hanno tentato la fuga dal centro di accoglienza Villa Sikania e un poliziotto è rimasto ferito, sale la tensione. Il sindaco, che da tempo chiede la chiusura della struttura giudicata “non idonea”, ha chiesto un incontro al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Per il primo cittadino nonostante il presidio h24 delle forze dell’ordine è “impossibile garantire la vigilanza e scongiurare allontanamenti”. A fronte di un fenomeno, quello migratorio, sempre più strutturale da Roma secondo il sindaco continua ad arrivare una “risposta superficiale e approssimativa”.

Ancora clandestini in fuga dai centri d’accoglienza: caccia all’uomo a Comiso. A rischio la salute pubblica



Da Blog Sicilia – Fuga di migranti dal centro di accoglienza in contrada Cifali, a Comiso. Sarebbero due gruppi che si sono dileguati, riuscendo ad eludere la sorveglianza ma sono state già organizzate le ricerche da parte delle forze dell’ordine. La polizia sta cinturando una porzione di area per cercare di stringere il cerchio attorno ai fuggitivi: non dovrebbe essere molto difficile rintracciarli in quanto gli stranieri non avrebbero dei punti di riferimento.

Insomma, una fuga alla cieca, frutto forse della disperazione. Il problema sono le condizioni di sicurezza in relazione al Covid19 perché al momento non ci sono certezze circa lo stato di salute dei migranti.

Ieri un poliziotto è finito al pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento dopo essere stato aggredito da uno dei tunisini che hanno cercato di allontanarsi dal centro d’accoglienza Villa Sikania di Siculiana (Agrigento). Il poliziotto è rimasto ferito. Non è in pericolo di vita, ma ha riportato delle gravi fratture. Nelle prossime ore dovrebbe essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico.

Più immigrati sono riusciti ad uscire da Villa Sikania provando a scappare. Il poliziotto – così come hanno fatto per altri migranti in fuga tanti dei suoi colleghi – ha provato a bloccare un tunisino che però ha reagito male e lo ha aggredito.

Migranti, nuova sfuriata del sindaco M5S: “Invece di fare i radical chic da Roma, vengano qui a vedere il disastro”



(Adnkronos) – “Invece di fare i radical chic da Roma, seduti sui loro comodi scranni, vengano qui a capire e a vedere la situazione disastrosa. A vedere piangere le persone per questa tragedia economica e vedere migrare i nostri figli. Siamo stanchi di subire, ingiustamente. Lamorgese e Conte vengano qui, li ho invitati a Porto Empedocle”. E’ l’amaro sfogo all’Adnkronos di Ida Carmina, la sindaca di Porto Empedocle (Agrigento) del M5S che commenta così lo sbarco imminente dei 180 migranti che si trovano a bordo della Ocean Viking. La sindaca è venuta al porto per “vedere da vicino” come “evolve la situazione”. Ma per ora è tutto fermo, perché per lo sbarco si attendono prima i risultati dei tamponi fatti ieri ai 180 naufraghi sulla Ocean Viking.

“Io ho fatto appello alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e ho invitato anche il premier Giuseppe Conte – dice Carmina in una intervista all’Adnkronos – Da lontano le cose assumono una dimensione diversa, e toccarla con mano è diverso”. Però spiega anche che questa mattina ha ricevuto un messaggio dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, “che si è subito reso disponibile e l’ho ringraziato. E’ molto attento alla questione”. “Mi ha chiesto di cosa avessi bisogno”, aggiunge. “Ha dato la sua disponibilità ad aiutarci – dice mentre mostra il messaggio di Di Maio – E io gli ho detto che elaboreremo tutta una serie di richieste, prima fra tutti di spostare la nave da qui a Pozzallo”.

La sindaca Carmina è preoccupata che l’arrivo dei migranti, anche se non toccano terra perché vengono trasbordati direttamente sulla nave quarantena Moby Zaza, “possa bruciare la stagione turistica”. “Già a causa del Covid abbiamo avuto grossi danni economici – dice – ecco perché chiediamo un aiuto economico”. Non solo. La sindaca chiede anche di “fare spostare la nave quarantena Zaza da Porto Empedocle a Pozzallo – dice – Il sindaco di Pozzallo Ammatuna fino a ieri si è detto disponibile a riceverli, perché lui ha le strutture adeguate. Io no”.

“Non ha alcun senso che la nave Sea watch prima e ora la Ocean Viking siano state fatte stare dieci giorni a Pozzallo, ferme in rada, e poi portate qui a Porto Empedocle. Perché?”. E lamenta anche che “nessuno” la informi sui trasferimenti dei migranti. Tra poco inizierà il trasbordo dei 169 migranti a bordo della Moby Zaza che hanno finito la quarantena e sono risultati tutti negativi al tampone. “Nessuno si degna di informarci sugli spostamenti – dice – Sono arrabbiata sì, perché io amo il mio paese. Porto Empedocle è un paese splendido, e venire distrutti economicamente per questa immagine falsata non è giusto”.

Ida Carmina spiega anche che a bordo delle navi “non si rispettano i divieti di assembramento”. “Quindi – dice Carmina – basta che ci sia un solo caso infetto per estendere l’infezione a tutti. C’è una certa pericolosità già nelle modalità. Noi stiamo vedendo che le ong spesso trasportano persone infette, è deleteria questa modalità con cui trasportano le persone assembrate”. “L’altra volta sulla Sea watch erano in 211 ed erano tutti appicciati gli uni agli altri e il diveito di assembramento se lo sognano…”.

E chiede ancora di postare la Moby Zaza da Porto Empedcocle a Pozzallo. “Doveva essere solo per il trasporto diretto dei migranti arrivati a Lampedusa, invece ormai staziona qui fissa”. E mentre lo dice guarda la sagoma della nave ormeggiata al porto con a bordo i 169 migranti in quarantena. “Sono stata con i sindaci sulla nave quarantena”, dice. “E chiedo che venga spostata altrove”.

Ida Carmina lamenta anche che “mediaticamente il nostro paese è stato massacrato”. “Perché noi, grazie ai sacrifici dei miei concittadini, siamo un paese Covid free ma si è rischiato il collasso sociale ed economico. E ora che eravamo in fase di ripresa rischiamo un nuovo disastro per lo sbarco dei migranti”. “Io ho visto piangere le persone, dopo tante difficoltà allo stremo economico”, dice. “Quando su tutti i giornali è venuto fuori per sbaglio che Porto Empedocle era considerato un ‘focolaio’, pur essendo Covid free, sono arrivate centinaia di disdette, c’è stato un disastro enorme”

sabato 4 luglio 2020

Globalismo, migranti e sardine: così la Chiesa “traditrice” di Bergoglio vira sempre più a sinistra



Di Francesco Boezi – Dalla gestione Ruini-Bagnasco a quella odierna qualcosa è cambiato. L’assunto non riguarda solo la Cei: la Chiesa cattolica oggi sembra meno impegnata sul fronte della bioetica rispetto a qualche decennio fa. Il Papa prende delle posizioni chiare: dalla “colonizzazione ideologica” – espressione che Bergoglio utilizza per contrastare la cosiddetta “ideologia gender” e la sua diffusione – sino all’associazione con i “sicari” quando si tratta di definire coloro che alimentano pratiche come l’aborto o l’eutanasia.

L’ex arcivescovo di Buenos Aires – buona parte degli addetti ai lavori concordano – è in linea con il pontificato precedente, e pure con quello di San Giovanni Paolo II. Con buona pace della sinistra, che quando il vescovo di Roma interviene su questi temi tende a fare orecchie da mercante. Ma allora perché le alte sfere cattoliche vengono spesso criticate dalla base dei fedeli conservatori? Ogni pontificato ha avuto a che fare con delle rimostranze provenienti dal basso e dall’alto, dalle realtà parrocchiali e dai giornali, ma la sensazione – questa volta – è che non siano pochi a pensare che l’Ecclesia abbia posto degli accenti diversi dal consueto, dribblando quella che sempre i conservatori chiamano “battaglia antropologica”.

“Prima fare i convegni sull’antropologia era considerato un merito. Adesso si rischia di essere cacciati”. É una delle tanti frasi che circolano negli ambienti ecclesiastici. Una di quelle che – a detta di una nostra fonte anonima – sarebbe stata pronunciata da un consacrato. Qualcuno attribuisce il cambio di passo ad una profonda modifica dell’agenda pontificia: papa Francesco preferirebbe le tematiche economico-sociali a quelle di materia bioetica. Ma Jorge Mario Bergoglio, nel corso di questi quasi sette anni di pontificato, ha tuonato eccome. Qualche esempio: l’eutanasia come “falsa compassione”; l’aborto come “affittare un sicario”; l’eugenetica come “disumana mentalità”.

Non mancano i virgolettati mediante cui stabilire come il pensiero di Francesco, in alcune circostanze, sia stato tanto diretto e senz’appello da scavalcare in fermezza le espressioni di Joseph Ratzinger. Quantomeno a livello comunicativo. Ecco, proprio la comunicazione viene messa al centro delle disamine di chi ritiene che il problema, per quelli per cui ne esiste uno, risieda nelle priorità mediatiche selezionate dai vertici del Vaticano, dunque anche dal pontefice argentino. “Non è che il Papa non prende posizione – aggiunge la nostra fonte – , semplicemente certi messaggi non passano come gli altri“. Quali sono questi “messaggi che passano”? Quelli economico-sociali, appunto. Con le sottolineature continuative che riguardano la gestione dei fenomeni migratori, il tema degli esclusi dal sistema economico ed il multilateralismo diplomatico che sembra guidare la Chiesa cattolica, quando si tratta di sedersi ai tavoli della geopolitica.

É allora lecito affermare che la Chiesa cattolica si è spostata a sinistra? Don Alfredo Maria Morselli, parroco emiliano-romagnolo, la spiega così: “È il trionfo postumo del sogno di Dossetti, Berlinguer, Bettazzi e P. Sorge, quando era direttore della civiltà cattolica (anni ’80): una religiosità solo privata, senza cultura (la chiesa povera di Dossetti non è solo una chiesa con i preti senza soldi, ma spoglia della propria cultura), che potesse rivestire il socialismo anziché la dottrina sociale della Chiesa. Il Cristianesimo diventa una pelle senza scheletro, e le ossa le mette chi ha l’egemonia culturale”. Jorge Mario Bergoglio in Sud America è percepito come un populista. In Europa però il discorso cambia, con la battaglia del Santo Padre contro la proliferazione delle idee portate avanti dai movimenti sovranisti e populisti. Il “fenomeno Bergoglio” non è semplice da definire. Più semplice, per comprendere cosa sia accaduto e cosa stia accadendo, risulta ragionare in termini di cronistoria.
La convergenza in bioetica con i governi di centrodestra
Basterebbe il caso Eluana Englaro, e le decisioni prese all’epoca dal legislatore, per certificare come, durante i governi presieduti da Silvio Berlusconi, Chiesa, vescovi e politica abbiano dialogato. Protagonista di quella stagione è stato di sicuro il cardinal Camillo Ruini. Il fatto che l’Europa si stia confrontando con la promozione dei “nuovi diritti” – una definizione di Benedetto XVI – non dipende solo dall’Italia: il dato è molto più complesso, e interessa pure lo sviluppo di una cultura a discapito di un’altra, che sarebbe poi quella tipica della civiltà occidentale, oggi in affanno o in sparizione. Ma quegli anni, quelli della barra dritta in materia bioetica, hanno sancito l’esistenza di una convergenza su quelli che il porporato italiano chiama “valori fondamentali”. Del cattolicesimo, dell’Europa e anche di quella che San Giovanni Paolo II ha individuato come “eccezione italiana”. E forse non è un caso che l’ex segretario della Conferenza episcopale italiana, Nunzio Galantino, quando Ruini dalle pagine del Corriere ha invitato gli organi istituzionali ecclesiastici a dialogare con la Lega di Matteo Salvini, abbia ribadito il suo “no” alle “vecchie collateralità”. Il che porta a due considerazioni: una “collateralità”, anche fruttuosa per coloro che hanno intenzione di combattere il “pendio scivoloso”, che oggi è declinato ad esempio dalla proposta di legge sul contrasto all’omofobia (molti cattolici, Cei compresa, sono contrari), è esistita; l’altra considerazione riguarda quello che lamenta la base, il basso, ossia l’esistenza di una tensione – un atteggiamento di fondo – alla conventio ad excludendum, che prevede che la dialettica tra istituzioni e Chiessa passi soprattutto, se non soltanto, dai cattolici democratici, che risiedono per lo più tra le file delle forze di centrosinistra.
Da Ratzinger a Bergoglio: il cambio d’agenda in Vaticano
Qual è stato lo spartiacque? La nostra fonte anonima guarda al Conclave del 2013. I tempi ed i temi dettati dal pontefice regnante non sarebbero gli stessi di quelli scelti dal predecessore. Il che, almeno in parte, smentisce la tesi della “continuità”, che anche Joseph Ratzinger però sembra sostenere. “La Cei sembra trattenuta”, ci dicono. Questo forse è l’aspetto più dibattuto. Si parla in questo senso di “imprinting del pontificato”. I vescovi italiani hanno battagliato, ma forse non con la stessa convinzione che aveva contraddistinto la Conferenza episcopale ai tempi di Ruini prima e di Bagnasco poi. Un caso di specie: quando l’episcopato italiano ha scoperto che le Messe, nonostante l’alleggerimento delle contromisure prese per via della pandemia da Sars-Cov2, non sarebbero state “sbloccate”, ha diramato un comunicato che non lasciava spazio alle interpretazioni:“I vescovi italiani – ha fatto sapere l’episcopato del Belpaese – non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”. Il premier Giuseppe Conte ne ha preso atto. Le parti hanno continuato a lavorare sul protocollo – quello su cui tuttavia pare che si fossero già accordate – e la polemica è terminata con un nulla di fatto. Per i più maliziosi con un “volemose bene”. Ancora Morselli: “Vede San Paolo ha detto: “non conformatevi alla mentalità di questo secolo”: ci sono alcuni che non hanno retto la pressione del mondo e se ne sono impregnati. È un fenomeno costante nella storia della Chiesa: i giansenisti importarono il calvinismo, i modernisti di inizio XX secolo la filosofia di Kant, i cattocomunisti prima del crollo del muro di Berlino la lotta di classe, e dopo il crollo, il pensiero debole relativista e gnostico”. Può davvero essere la spiegazione alla base di un appiattimento?

Un medesimo ragionamento potrebbe essere presentato in merito alla battaglia contro l’eutanasia (che con le conseguenze giuridiche del “caso Cappato” è stata di fatto persa) e alla questione recente del ddl Zan-Scalfarotto: i vescovi tentano di sbarrare la strada al “pendio scivoloso”, ma ci si limita ai comunicati. Le mobilitazioni vengono organizzate dalla base. Dai movimenti pro life e dalle sigle laiche. L’associazionismo non ha la forza dei vescovi. La sensazione è che il mordente si sia perso per strada. Possibile che dipenda dal passaggio del papato? Di sicuro con Bergoglio sono entrati nel vocabolario parole come “ecologismo”. Può dipendere dai tempi. Può dipendere da una strategia. Infine, i colpi che vengono battuti “fuori tempo massimo”. Anche le tempistiche reciterebbero la loro parte.
La linea Galantino (e di tutti i vescovi) sui migranti
La “linea dura” sui migranti non è condivisa dai vertici vescovili. Stupisce la mancanza di soluzione di continuità: contare gli appelli a favore dell’accoglienza erga omnes non è fattibile. Sono decine a settimana. La stima è più o meno questa. Del resto è la pastorale di Jorge Mario Bergoglio a stabilire i confini: meno sono, meglio è. Perché gli “ultimi” ed i “penultimi” del pianeta sono evangelicamente tutelati, dunque vanno accolti. Se non è “sempre”, poco ci manca. L’espressione palese di questo pensiero nel Belpaese è stata la gestione di Nunzio Galantino, durante cui i vescovi hanno messo in piedi una vera e propria opposizione diretta a criticare l’azione dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Stare nel Mediterraneo da cristiani è una urgenza – aveva dichiarato l’ex segretario Cei Galantino, parlando di un viaggio del pontefice argentino su Tv2000 – , non è solo una scelta morale. E la Chiesa deve sottolineare quando la politica va oltre i limiti”. Quella delle istituzioni cattoliche, quindi, non è affatto una “invasione di campo”. La sfera della politica è limitata, si sa. Ma quanto è larga quella dei vescovi e dei consacrati? Un’altra domanda che viene posta spesso.
L’antisalvinismo militante dei “preti di strada”
Una premessa: le cose stanno mutando. Forse, dopo una serie di decisioni non proprio inclini ad assecondare le priorità dell’episcopato, i vescovi si sono accorti che il dialogo ad un senso può comportare svantaggi. E la Chiesa sembra aver aperto alla Lega. Negli anni passati, però, abbiamo avuto modo di raccontare un fenomeno che non è classificabile, se non mediante i concetti propri della militanza. Dal “digiuno a staffetta” alle dichiarazioni in pubblico contro l’utilizzo dei simboli cristiano-cattolici, forse nessun leader era mai stato sottoposto ad un fuoco di fila così persistente. Un fuoco che, per semplificazione, ha trovato origine tra i “preti di strada”. Quelli che in questi ultimi anni hanno occupato spazi importanti. Come se non bastasse, c’è stato poi il periodo in cui gli stessi “preti di strada” – a dire la verità lo hanno fatto anche alcuni vertici – hanno iniziato ad esprimere simpatia nei confronti delle “sardine”, mosse a loro volta da uno spiccato anti-salvinisimo. Padre Antonio Spadaro, padre Bartolomeo Sorge, padre Alex Zanotelli, Don Biancalani: coloro che contestano Salvini, appoggiano il movimento giovanile nato in piazza a Bologna. Sempre i maliziosi arrivano a pensare ad una tattica studiata a tavolino negli ambienti prodiani, con l’avvallo della curia bolognese: ma si tratta di fantapolitica applicata alle cose ecclesiastiche, ne siamo certi. La prossimità tra alcune alte cariche ecclesiastiche e gli ambienti politici di sinistra, però, è un tema destinato a rimanere attuale. L’ultima? La presenza del cardinal Matteo Maria Zuppi alla festa dell’Unità del Pd di Bologna.

La denuncia del Sap: “Chi non ha timore nell’aggredire gli agenti, sanno di non doverne rispondere”



Comunicato stampa Sap Polizia – Carabiniere investito a Mordano: l’On. Tonelli donerà 10.000€ a chi darà informazioni utili all’arresto dei fuggitivi. Servono maggiori tutele per le Forze dell’Ordine, in arrivo Disegno di Legge. Stefano Paoloni: “Con il vuoto di Garanzie Funzionali, chi delinque è avvantaggiato. Il Disegno di Legge dell’On. Tonelli strumento di cambiamento a tutela di tutto il comparto sicurezza”.

Stefano Paoloni, Segretario Generale del Sindacato Autonomo di Polizia, non ha dubbi: chi delinque, con le attuali norme in vigore, è in posizione privilegiata. Di contro, il comparto sicurezza, è povero di tutele: “Mancano adeguate garanzie funzionali, tutele legali e precisi protocolli operativi – spiega Paoloni – La fuga dei malviventi a Mordano è solo l’ultimo evento, di un’escalation di comportamenti delinquenziali che mostrano come chi delinque non ha timore nell’aggredire chi veste una divisa sapendo di non doverne rispondere”.

“Accogliamo l’iniziativa del nostro segretario generale aggiunto Gianni Tonelli – sottolinea Paoloni – di voler donare una cospicua somma di denaro per arrivare a catturare gli autori di quell’infame gesto. Nell’inviare gli auguri di pronta guarigione al collega ferito, non posso non sottolineare anche l’importanza del Disegno di Legge che sarà presto promosso dall’On. Tonelli. Una serie di proposte tutte finalizzate a richiamare l’attenzione sulla necessità di maggiori tutele per tutti gli operatori di Polizia, oggi oltremodo esposti nella loro attività di garanzia della sicurezza. Il SAP sosterrà una raccolta di firme in tutte le piazze italiane a partire dalla fine di agosto per questo DL che dunque garantirà maggiori garanzie funzionali con la previsione ad esempio delle BodyCam per tutti i poliziotti, in modo da garantire totale trasparenza operativa nei nostri interventi”.

“Secondo fattore fondamentale di questo DL, le maggiori tutele legali in quanto ad oggi, i poliziotti sono esposti a rischi enormi. A causa della loro attività lavorativa è seriamente posta in pericolo la loro stabilità finanziaria e psicologica. Sappiamo bene che ogni poliziotto ad oggi devi pagarsi tutte le spese legali e di perizia se denunciati. E oramai, la prima tecnica di chi delinque è quella di contro denunciare. Terzo fattore fondamentale – conclude Paoloni – sono precisi ed adeguati protocolli operativi. Il poliziotto deve sapere bene ciò che può fare, in che modo e con quali strumenti. Su tutti il SAP insiste da mesi sull’immediata adozione della pistola elettronica Taser”.

Mes, i 5 Stelle pronti a tradire di nuovo: “Meglio che passi con il nostro sì che con quello di Forza Italia”



Una cena riservata quella del Movimento 5 Stelle sul Mes. Con l’occasione di festeggiare il compleanno di Laura Bottici (questore di Palazzo Madama) e Gianluca Castaldi (sottosegretario ai rapporti con il Parlamento), una ventina di parlamentari pentastellati si è messa a parlare del governo.

Presenti alla rimpatriata – come racconta Il Messaggero – Paola Taverna e il capogruppo Gianluca Perilli assieme ad altri portavoce. “Alla fine sapete che c’è? Se ci sarà da votare il Mes è meglio che passi con il nostro sì, che con quello di Forza Italia.

Così non metteremo a rischio la maggioranza e dunque il governo” è il pensiero che dilaga tra i grillini. Durante la cena tutti sono d’accordo con l’idea che conviene “aspettare lo scostamento di bilancio che proporrà il ministro Gualtieri, poi vediamo se basterà.

Di sicuro se dall’Europa dovesse arrivare una spinta sul Mes non potremmo farci trovare impreparati”. Insomma, pur di salvare governo e poltrone, il Movimento, o perlomeno alcuni, potrebbero tradire i loro ideali.

A preoccupare soprattutto la tenuta della maggioranza in Senato. Qui gli addii hanno dilaniato i pentastellati. “Non so se reggiamo a Palazzo Madama” è stato lo sfogo di Giuseppe Conte davanti alla spinta di Nicola Zingaretti che sul Salva Stati sta accelerando sempre di più, E proprio in quest’ottica meglio che i grillini più filo-Conte corrino in soccorso.

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