lunedì 29 giugno 2020

Mentre la Raggi inaugura i parchi “antirazzisti”, gli stranieri occupano i palazzi: dal sindaco nessuna condanna



Di Elena Barlozzari – “Mattia corri, sta succedendo il finimondo”. Un messaggio telegrafico, ricevuto dal padre attorno a mezzogiorno, e poi un sguardo rapido ai gruppi Facebook dedicati al quartiere. Tanto è bastato a Mattia, 31 anni, per mandare a monte i programmi del weekend ed unirsi alla protesta. Lui è uno di quei residenti che ieri hanno presidiato fino a tarda ora l’ex call center di Tor Tre Teste. Sul tetto dell’edificio all’angolo tra via dei Berio e via Davide Campari ci sono otto migranti, accovacciati lungo il cornicione. Non c’è verso di farli ragionare. Minacciano di fare una sciocchezza se non verranno ascoltati. Il loro è un ricatto: rimarranno lì finché qualcuno non gli darà un alloggio popolare.

“Siamo rimasti con il fiato sospeso per tutta la giornata, sinceramente temevo che non li avrebbero fatti sloggiare”, dice oggi con una punta di soddisfazione. “Si sa come vanno a finire le cose a Roma”, aggiunge. E invece, sulla periferia orientale della Capitale è tornata la calma dopo una giornata decisamente rocambolesca. Sono le undici. Un elicottero della polizia di Stato volteggia insistentemente sul quartiere.

La gente è tutta casa. Si allarma. Si affaccia. Qualcuno scatta le prime fotografie e le posta sui social network: “Sono sul tetto dell’ex call center, vogliono occuparlo”. Il quartiere è militarizzato. “Non ho mai visto un simile dispiegamento di forze dell’ordine“, ricorda Mattia. È una scena surreale. Verso le sette di sera la folla dei residenti inizia a rumoreggiare. “Eravamo sfiniti dall’attesa, non riuscivamo a capacitarci di come fosse possibile che dopo tutto quel tempo ancora non li avessero fatti scendere”, spiega il giovane.

Qualcuno si mette in testa di entrare nell’edificio e fare da sé. Il tentativo viene scoraggiato dagli agenti in tenuta antisommossa che cinturano il palazzo. Si sfiora la collisione, eppure nessuno sembra accorgersi di quello che sta accadendo laggiù. “Il sindaco di Roma dove era? Da lei ancora oggi neppure una parola di condanna per quello che è successo, è una vergogna”, denuncia Mattia.

Mentre la periferia est della Capitale prendeva fuoco, Virginia Raggi condivideva post sul potenziamento delle rete semaforica della città. E ancora sull’inaugurazione del parco dedicato alle “Vittime del Razzismo” e sulla stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma. “Quando c’è da dare addosso alle occupazioni che non le stanno simpatiche – osserva ancora il nostro interlocutore – è la prima a strillare allo sgombero“.

Solo il leader della Lega Matteo Salvini sembra aver compreso la gravità della situazione. “Emergenza in corso a Roma”, scrive sulla sua pagina Facebook a corredo degli scatti che mostrano gli stranieri asserragliati sul tetto. “Residenti allarmati in strada, forze dell’ordine, vigili del fuoco e persino un elicottero, non vogliono scendere, ecco il loro ricatto: pretendono subito l’assegnazione di una casa popolare”, si legge ancora nel post.

Sono le otto di sera. Solo attorno a mezzanotte, dopo dodici ore di stallo, arriva la svolta. L’edificio viene sgomberato e la gente in strada si lascia andare ad un’esultanza senza freni. “È stato liberatorio, avevamo accumulato tanta rabbia, rabbia nel vedere che in questa città si va avanti solo con la prepotenza”, ragiona Mattia. “Anche io avrei bisogno di una casa, sono anni che mi sbatto come security nei centri commerciali e ancora vivo con i miei genitori, e mi domando: perché chi non rispetta le regole dovrebbe avere una corsia preferenziale?”.

Nel palazzo dei migranti che Raggi non sgombera: risse, spaccio, accoltellamenti e bastonate. Residenti terrorizzati (Video)



Di Elena Barlozzari Alessandra Benignetti – È mezzogiorno. Il sole arroventa la carrozzeria delle auto in sosta al distributore di benzina di via Raffaele Costi. Roberto Torre, storico residente di Tor Sapienza, ci aspetta a pochi passi dall’imbocco della A24. “Guardate”, dice indicando al di là di un canneto, in direzione di un immobile pericolante. Una vecchia conoscenza de Il Giornale, che ha seguito le operazioni di sgombero che lo hanno interessato sia nel 2017 che nel 2018.

“Io ci avevo sperato – ci dice rassegnato Torre – e invece siamo di nuovo al punto di partenza”. Nonostante i ripetuti blitz delle forze dell’ordine, infatti, l’edificio è stato nuovamente occupato. Recinzioni e barriere di cemento non sono servite a metterlo al riparo da nuove incursioni. Dal viadotto abbiamo una visuale completa della situazione: una decina di stranieri staziona tra le dune di spazzatura che incorniciano il rudere. C’è chi tira calci ad un pallone e chi mangia accovacciato a terra. Mentre cerchiamo di mettere a fuoco la scena con la videocamera, succede qualcosa. Il brusio degenera in grida, e il gruppetto improvvisamente si anima.

In pochi minuti dall’immobile escono decine di persone e si lanciano nella mischia. È una rissa in piena regola, e spuntano persino dei bastoni. “È un regolamento di conti – commenta Torre, senza stupore – uno dei tanti”. Quando la baraonda si calma, ognuno ritorna alle proprie occupazioni come se nulla fosse. Tutti tranne un ragazzo, che si avvicina zoppicando nella nostra direzione. Si chiama Ibrahim ed ha 23 anni. È madido di sudore e perde sangue da una mano. “Non ce la faccio più a vivere così, prima o poi mi ammazzano o ammazzo qualcuno io”, ci confida in un italiano stentato. È arrivato dal Gambia due anni fa, passando per il deserto e sfidando le correnti del Mediterraneo su un barcone. Non ha i documenti.

“Siamo una cinquantina, gambiani, maliani, nigeriani e c’è anche qualche rom, donne, bambini”, ci spiega. È alterato dall’alcol e dall’adrenalina. Continua a ripetere che se ne vuole andare, ma non sa dove. Forse in Abruzzo, per cercare un posto come bracciante. Sopravvive rivendendo birre e sigarette sfuse agli altri abusivi. Cerchiamo di capire cosa è successo. “Mi hanno colpito con una catena, mi sono difeso, lì dentro ci sono dei prepotenti che dettano legge”, racconta prima di rimettersi lo zaino in spalla e scomparire.

La situazione è esplosiva. Ce lo raccontano anche nel bar che affaccia sul distributore di benzina. “Ieri è venuta l’ambulanza a recuperare uno straniero che aveva una ferita da taglio sul braccio”, ci dicono preoccupati. “Non sappiamo cosa sia successo, se si sia trattato di un ferimento accidentale o di un’aggressione, certo è che ogni giorno qui succede qualcosa”, concludono. È d’accordo anche Torre. “Dopo una certa ora – spiega – la pompa di benzina è off limits, la gente ha paura e non si avvicina anche perché c’è un giro di spaccio evidente”.

“Ho assistito con i miei occhi a diversi scambi”, denuncia. L’unica soluzione, secondo lui, sarebbe abbattere quel maledetto palazzo. È stanco degli sgomberi “farsa” e rivendica dignità per il suo territorio. “Un tempo – ragiona amareggiato – la periferia era un luogo geografico, adesso invece è diventata sinonimo di degrado e illegalità, ci sentiamo cittadini di serie B”. Lo stabile ormai è un fortino inavvicinabile e qui hanno tutti paura. “Cosa aspettano ad intervenire? Per un bagnante sulla spiaggia abbiamo smosso droni, polizia e qui nessuno vede e nessuno sente”, è quello che si chiede chi abita da queste parti.

sabato 27 giugno 2020

Migranti, ecco il fantastico “modello accoglienza” di Gori: scambio di favori tra PD e cooperative (rosse)



Di Alberto Giorgi – Il caso si ingrossa. Come noto, la procura di Bergamo ha aperto in un’indagine sulla cooperativa Ruah, specializzata nell’accoglienza dei migranti nella città lombarda. Si tratta di una realtà assai importante nel settore, che si occupa della gestione di oltre 1.500 richiedenti asilo. Numeri, insomma, non da poco. Ora gli inquirenti scavano e le intercettazioni dell’indagine hanno scoperchiato un piccolo-grande vado di pandora, gettando un cono di luce che illumina una preoccupante realtà dell’accoglienza e della solidarietà. Non a caso, sono arrivati tre arresti e ben 39 avvisi di garanzia.

Al centro del caso il presidente della coop, Bruno Goisis; per lui si ipotizza anche il reato di associazione a delinquere, dal momento che chi indaga crede che Goisis gestisse sostanzialmente un sistema per fare soldi, sulla pelle dei migranti.

Di mezzo anche la politica, visto che in un’intercettazione Goisis parla con la deputata dem Elena Carnevali, che puntava a essere rieletta alle Politiche del 4 marzo 2018. L’indagine ipotizza anche uno scambio di favori tra coop e Pd: campagna elettorale agevolata dal lavoro dei profughi (dirottati a smaltire i volantini), e denaro come contraccambio.

Il caso scoperchiato da La Verità si ingrossa ora con l’intercettazione tra Goisis e il viceprefetto Adriano Coretti, nella quale il viceprefetto, parlando anche del meccanismo che avrebbe fatto incassare più soldi alle coop – sostanzialmente continuando a ospitare nelle strutture profughi che in realtà non avrebbero più dovuto rimanerci – , tira in ballo anche il sindaco Giorgio Gori.

“Detta condotta, sostanzialmente, ha consentito nel tempo al costituito gruppo criminale di continuare a percepire ingiustamente la diaria giornaliera di 35 euro per migrante”, la spiegazione degli inquirenti riportata sul quotidiano da Stefano Borgonovo. Ovviamente tutte spese a costo dello Stato e dei contribuenti italiani.

Proprio nel marzo 2018, a cavallo delle elezioni politiche, Coretti avvisa Goisis, informandolo del fatto che la prefettura di Bergamo avrebbe da lì a poco revocato le misure di accoglienza per i profughi ospitati dal Ruah. Il “giocattolo”, insomma, si rompe e Coretti avverte Goisis che la Corte dei Conti si è insospettita.

Dicevamo del primo cittadino. La Verità riporta un estratto di una conversazione tra Coretti e Goisis, con il primo che dice: “Blocchiamoci subito. Non cominciamo a rompere i coglioni su questa cosa qua! […] Non cominciamo a rompere i coglioni voi e Gori te lo dico subito eh! […] Piatto piatto, te lo dico subito eh, non scassate il cazzo perché altrimenti la denuncia alla Corte dei conti la faccio io a voi eh”. Dopo Gori, Coretti cita Mario Morcone, ex capo di gabinetto al Viminale: “È stato fatto un gioco sporco con Morcone (su questa cosa qua, io non ci sto più, cioè te lo dico chiaro chiaro eh… non scherziamo più su questa cosa qui eh…”.

Insomma, una brutta storia. Sulla quale la magistratura indaga e – si spera – farà chiarezza. Nel mentre è arrivato l’affondo il Matteo Salvini, che in passato – durante il proprio mandato al ministero dell’Intero – provò a bloccare una volta per tutte questi malaffari del business dell’accoglienza. Queste le parole del segretario della Lega: “Solidarietà ai funzionari della prefettura di Bergamo, costretti a subire le pressioni del sindaco del Pd Giorgio Gori e dell’ex capo di gabinetto al Viminale, Mario Morcone, mentre un fiume di denaro pubblico ingrassava le coop dell’accoglienza alla faccia degli italiani e degli stessi immigrati. Per una volta i finti profughi venivano reclutati davvero per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare, ovvero la campagna elettorale per il Pd e in particolare dell’onorevole Elena Carnevali. L’inchiesta di Bergamo sta facendo emergere il volto feroce dei buonisti. Continueremo a seguirla con attenzione”.

Putin: “Valori come patriottismo, amore per la famiglia e la Patria sono la spina dorsale del sovranismo russo”



Di Mikhail Rakosi – Roma, 27 giu – “Valori come l’altruismo, il patriottismo, l’amore per la loro casa, la loro famiglia e la Patria rimangono fino ad oggi fondamentali e integrali nella società russa. Questi valori sono, in larga misura, la spina dorsale della sovranità del nostro Paese”. Con queste parole Vladimir Putin, presidente della Federazione russa, ha pubblicato su The National Interest, rivista di politica internazionale della destra repubblicana, il breve saggio “Le vere lezioni del 75° anniversario della seconda guerra mondiale”.

Nel 2015 The National Interest aveva pubblicato un interessante articolo di Maria Butina; la Butina sarà poi arrestata nel 2018 dall’Fbi quale presunta agente di intelligence in forza al federale Fsb. Qual è dunque il senso di questa missiva di Putin? Vi è un senso storico, d’accordo, ma uno politico assai più rilevante.

Taluni vi hanno voluto vedere un attacco all’Ue, dovuto all’equiparazione di nazionalsocialismo e comunismo compiuta dal parlamento europeo mesi fa. Ed in effetti suonava talmente strana quella equiparazione che, essendo la Cina marxista-leninista il principale partner geoeconomico e geopolitico di Bruxelles, voler dipingere una Ue a trazione anticomunista lascia il tempo che trova. Dunque, a Mosca, senza sbagliare troppo, si lesse tale equiparazione come russofoba, non come antimarxismo o anticomunismo. E mentre nel mondo occidentale, sulla spinta di una nuova rivoluzione culturale di maoista memoria, si stanno abbattendo le statue dei più svariati personaggi storici, in Germania ovest si inaugura un monumento a Lenin, responsabile del crimine della famiglia imperiale simbolo della “Santa Russia” e della creazione dell’arcipelago Gulag.
Il “revisionismo” di Putin
Putin assume una posizione storicamente revisionista se ben si legge quanto scrive. La responsabilità della seconda guerra mondiale ricadrebbe per il presidente russo sui vincitori della prima, non sui nazisti, e sul Trattato di Versailles con cui si pianificò “l’umiliazione nazionale” del popolo tedesco.

Putin è prodigo di riconoscenza per il supporto americano al popolo russo tra il 1941 e il 1945 ma è evidentemente critico verso la politica estera imperialista di anglosassoni e francesi, il cui fine sarebbe stato quello di spingere la macchina bellica della Germania nazionalsocialista verso oriente. La storia del comunismo in Russia sarebbe per Putin storia di crimini, orrori, “nichilismo”, ma la responsabilità stalinista nel divampare del conflitto non vi sarebbe. Putin qui però sorvola sull’interventismo spagnolo e mediterraneo dell’imperialismo sovietico, che lo stesso Trockij da un lato e, dopo la guerra, Togliatti dall’altro videro come la prova generale della seconda guerra mondiale; come sorvola sull’assai ambigua politica sovietica verso la Polonia, che ebbe costantemente quel carattere di “controffensiva” colonialistica che era negli originari propositi dell’occidentalismo di Lenin da quando, proclamava Tuchacevskij nel luglio 1920, si trattava di “affogare il governo criminale di Pilsudski nel sangue dell’esercito polacco annientato”, per finire poi con il massacro stalinista di Katin’, anche questo oggetto di revisionismo, e con la conquista sovietica successiva al ’45.

Oltre a un senso storico, vi è però un senso politico ben presente in tale documento. E qui Putin diventa radicalmente antirevisionista. Il senso politico è che Putin non tollera che si faccia del negazionismo sul grande sacrificio messo sul piatto del ‘900 dal popolo russo. In base a tale prospettiva la Russia ha attraversato prima una furiosa convulsione rivoluzionaria propiziata da una ideologia notoriamente russofoba, per poi pagare un prezzo inaudito, dai venti ai trenta milioni di morti, nel corso del secondo conflitto. (…)

“C’è Putin c’è la Russia forte, non c’è Putin non c’è la Russia”, ha detto pochi giorni fa il presidente del parlamento Vjaceslav Volodin, consapevole che il popolo sta vivendo una deprimente crisi. Come risponderà “il governo invisibile” della sinistra globalista alla probabile vittoria del presidente russo nel prossimo referendum costituzionale? Questo l’interrogativo che agita terribilmente i sonni del Cremlino. I conservatori russi, nel limite massimo delle loro umane possibilità, cercheranno di evitare alla storia l’orrore di un Terzo conflitto mondiale.

Vergogna vitalizi: ha fatto solo una settimana in Senato, il radicale Craveri si becca 2.300 euro al mese



Marco Pannella era noto per le sue grandi battaglie politiche accompagnate da digiuni di protesta i suoi colleghi di partiti invece mangiano alla grande. E lo fanno danni. Parliamo di vitalizi, il Giorno ha spulciato la carriera di qualche ex parlamentare e si è scoperto che Piero Craveri, eletto al Senato il 2 luglio 1987 tra le fila dei Radicali, appunto, si è dimesso soltanto una settimana dopo dal suo incarico di senatore, dimmissioni accettate il 9 luglio. Fino al dicembre del 2018, quindi prima dell’entrata in vigore del taglio, ha percepito un vitalizio da 2.300 euro netti al mese.

 Sempre tra le fila dei Radicali un altro clamoroso: Luca Boneschi, deceduto nel 2016, fu eletto il 12 maggio ’82 alla Camera, come parlamentare durò solo un giorno si dimese perché non voleva godere dell’immunità dopo una querela. Il motivo era nobile, era infatti stato querelato da un giudice per alcune sue dichiarazioni contro la decisione processuale sul caso di Giorgiana Masi, la studentessa uccisa durante una carica della polizia a Roma nel 1977, ha comunque percepito il vitalizio da 3.100 euro lordi al mese, 1.733 netti.

 E ancora Angelo Pezzana, anche lui eletto tra i Radicali. Fu deputato dal 6 febbraio al 14 febbraio 1979. E ha percepito un vitalizio da 2.200 euro lordi. “Le mie dimissioni sono state determinate da motivi personali che mi impediscono di lasciare Torino e quindi non mi consentirebbero di partecipare ai lavori della Camera con la dovuta assiduità”, spiegò all’epoca dei fatti.

venerdì 26 giugno 2020

Salvini smaschera il PD: “Migranti sfruttati da sinistra e coop arricchite dai fondi pubblici. Che vergogna”



L’inchiesta sull’accoglienza a Bergamo, Matteo Salvini smaschera le bugie del Pd. E l’inchiesta sullo scandalo-accoglienza a Bergamo scoperchia un altro vaso di Pandora.

 “Com’è umano il Pd: chiedeva alle coop dell’accoglienza un gruppo di immigrati da usare in campagna elettorale. Peccato che alla fine del lavoro gli unici a guadagnarci fossero la deputata Elena Carnevali (eletta in Parlamento) e la coop che incassava una donazione dell’onorevole. Ai poveri immigrati, niente.

Così si comportano quelli che ci accusano di essere disumani e razzisti: emerge dall’inchiesta sullo scandalo-accoglienza a Bergamo, che ha portato all’arresto addirittura di un prete e che coinvolge coop e Caritas. Gori parlava di “modello Bergamo”, ora emergono immigrati sfruttati (gratis) dalla sinistra e coop arricchite dai fondi pubblici grazie al boom degli sbarchi.

Che vergogna”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini, commentando l’inchiesta sull’accoglienza a Bergamo

PD e M5S con le mani sporche di sangue: senza Salvini triplicati gli sbarchi e aumentati i morti. I dati choc



Da Il Tempo – Nei giorni in cui si piangono nuove tragedie nel Mediterraneo e ci si preoccupa per i migranti positivi al Coronavirus sulle varie imbarcazioni che fanno rotta verso l’Italia, i dati ufficiali dimostrano tutti i rischi della politica dei “porti aperti” del governo Conte bis.

 Che gli sbarchi fossero aumentati era noto, ma a certificarlo ufficialmente è il sito del Viminale, che nel suo “cruscotto” statistico svela la verità. Dall’1 gennaio al 25 giugno 2020 sono sbarcati in Italia 6.398 migranti. Nello stesso periodo dello scorso anno, quando al ministero degli Interni c’era Matteo Salvini, gli immigrati giunti sulle coste italiane erano stati 2.453. Poco più di un terzo rispetto alla situazione attuale.

 Una tendenza significativa, perché comprende anche i mesi in cui l’Italia era in piena emergenza Coronavirus e sugli arrivi era stato posto un freno, non essendo più considerato il nostro Paese un “porto sicuro”. Ma l’aumento è stato sempre giustificato dalla maggioranza con la necessità di dare accoglienza a chi rischia di morire.

Ma davvero nel 2020 le tragedie sono diminuite? In questo caso sono utili da esaminare i dati del sito “Missingmigrants” () che svelano come in questa prima parte del 2020 nel Mediterraneo centrale (le rotte, cioè, che dall’Africa portano all’Italia) si sono già verificate 247 morti, mentre in tutto il 2020 le tragedie furono 358. In proporzione, quindi, anche le morti sono aumentate. Uno schiaffo alla politica dell’accoglienza.

Sputazzo della Casta al popolo alla fame: addio al taglio dei vitalizi, annulla la delibera. Ad opporsi solo la Lega



La Casta si salva ancora: addio al taglio dei vitalizi. Il via libera arriva dalla Commissione contenziosi del Senato, che annulla la delibera del Consiglio di presidenza del 16 ottobre 2018, che sanciva appunto l’abolizione del privilegio. Nell’organismo, chiamato a esaminare i ricorsi presentati dai senatori, tre sono stati i voti a favore e due i contrari, stando a quanto riferiscono fonti parlamentari. Per il “no” i due senatori della Lega, Simone Pillon e Alessandra Riccardi (ex M5s da poco passata al gruppo di Matteo Salvini). Tutti gli altri, invece, hanno votato per tenersi i denari. Uno stop al taglio dei vitalizi ancor più vergognoso in un momento come questo, drammatico per il Paese che deve fare i conti con la tremenda crisi economica innescata dal coronavirus.

Nel documento approvato si legge che la commissione “accoglie parzialmente i ricorsi esaminati e per l’effetto annulla le disposizioni della deliberazione nella parte in cui prevedono una totale rimozione dei provvedimenti di liquidazione a suo tempo legittimamente adottati e impongono una nuova liquidazione che introduce criteri totalmente diversi”. E ancora, la delibera viene annullata anche nella parte in cui si “”prevedono il ricalcolo dell’ammontare degli importi mediante la moltiplicazione del montante contributivo individuale per il coefficiente relativo all’età anagrafica del senatore alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata, anziché alla data dell’entrata in vigore” del taglio dei vitalizi. Inoltre, viene annullata la parte della delibera in cui “si prevedono dei coefficienti di trasformazione che determinano sensibili riduzioni, con incidenza sulla qualità della vita, degli importi di minore entità, senza alcun effetto su quelli di importo massimo”.

Ma non è finita. Cancellata la parte in cui “si prevedono criteri di correzione di temperamento dei risultati del citato ricalcolo e, comunque, non idonei a eliminare le conseguenze più gravi derivanti dall’applicazione del metodo adottato, come ha già ritenuto con sentenza del 22 aprile del 2020 il Consiglio giurisdizionale della Camera che ha annullato il comma 7 della deliberazione del Consiglio di presidenza della Camera”.

E ancora, nella parte in cui “applicando gli stessi criteri anche ai trattamenti di reversibilità, non tengono conto del fatto che tali trattamenti sono già stati decurtati rispetto agli assegni diretti del 40% e che l’ulteriore riduzione prevista incide gravemente sulla qualità della vita”. Il documento rinvia al “dispositivo definitivo e completo che verrà pubblicato in sede di deposito della decisione”.

Taglio dei vitalizi annullato, in buona sostanza, perché bollato come ingiustificato a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e del diritto dell’Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera.

giovedì 25 giugno 2020

Altro che “emergenza fascismo” in Italia, allarme Europol: “È boom di estremisti di sinistra e anarchici”



Di Giovanni Giacalone – Gli effetti della pandemia da Covid-19 potrebbero avere conseguenze anche sulla radicalizzazione e il terrorismo, secondo quanto presentato in un rapporto dell’Europol ed esposto dalla sua direttrice, Catherine de Bolle, lo scorso martedì. Le pesanti conseguenze socio-economiche causate dal lungo lockdown imposto dai vari governi per gestire la pandemia potrebbero infatti essere utilizzati a proprio vantaggio dai vari predicatori di odio e le organizzazioni terroristiche non soltanto islamiste, ma anche di estrema sinistra ed estrema destra. Un incremento della radicalizzazione che potrebbe dunque essere collegato a un peggioramento delle condizioni di vita nei vari Paesi dell’Unione Europea.

L’Europol ha poi sottolineato una diminuzione degli attentati di stampo jihadista nell’ultimo anno ma invita a non abbassare la guardia in quanto Isis e al-Qaeda, nonostante le difficoltà riscontrate nell’operare in fase di Covid-19, possono ancora usufruire di reti non particolarmente strutturate, ma in grado di colpire, senza tralasciare il fenomeno degli attentatori individuali, che sembra prendere sempre più piede.

Il rapporto cita anche la questione legata al terrorismo di estrema destra con sei attacchi (riusciti, sventati o falliti) in UE ma anche con 26 attentati di estrema sinistra attuati tra Grecia, Italia e Spagna e con arresti più che triplicati nel 2019; un incremento dunque, dopo il calo delle detenzioni del 2018 (da 34 a 111, gran parte dei quali effettuati in Italia) e con estrema sinistra ed anarchici che continuano a rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico in Italia e in Europa in generale.

È risaputo che radicalismo e terrorismo trovano terreno fertile non soltanto in quei Paesi dove le condizioni socio-economiche sono precarie, ma anche dove lo Stato è assente ed è dunque fondamentale che le Istituzioni dell’Ue adottino tutte le misure necessarie per far fronte alla crisi economica ed occupazionale post-Covid, onde evitare il rischio di una radicalizzazione politico-ideologica anche violenta.

Pistoia, don Biancalani aggredito e minacciato con un coltello da un nigeriano: “Dammi subito 50 euro”



Di Lorenzo Berti – Pistoia, 24 giu – Prosegue senza sosta a Pistoia la scia di episodi di cronaca nera che vede come protagonisti gli immigrati ospiti della chiesa, ormai trasformata in centro di accoglienza, di Vicofaro. Dopo una maxi-rissa in stile Far West ad aprile e l’arresto di ieri dello spacciatore che nascondeva la droga nel confessionale della chiesa, questa volta ad essere vittima del comportamento violento dei suoi ospiti è stato lo stesso Don Biancalani, minacciato con un coltello da cucina da un nigeriano che voleva gli fossero dati 50 euro.
Armato di coltello e senza documenti
E’ lo stesso parroco a raccontare l’accaduto: “Mi ha minacciato con un coltello da cucina chiedendomi 50 euro. Ho chiamato le forze dell’ordine. Il giovane è nigeriano, ha 23 anni ed è senza documenti. Si è presentato qualche giorno fa in parrocchia e noi lo abbiamo accolto. E’ un ragazzo con dei problemi che andrebbe seguito da una struttura sanitaria. La parrocchia ospita ad oggi circa 130 immigrati”. Soltanto ieri il parroco immigrazionista minacciava querele nei confronti di chi lo accusava di aver trasformato un luogo di culto in un rifugio per sbandati e spacciatori.

I preti si ribellano alle “bestemmie” di Bergoglio: “Maria non è aiuto dei migranti. Sono islamici, meglio evangelizzatrice”



Di Francesco Boezi – Le nuove litanie decise da papa Francesco fanno discutere. Tra le novità apportate, c’è “Maria aiuto dei migranti”. Per qualcuno non era necessario che Bergoglio inserisse quella espressione. Il termini “afflitti”, per esempio, comprenderebbe già anche coloro che cercano rifugio sulle nostre coste. Insomma, è inutile girarci attorno: esiste chi pensa che quella litania sia il frutto di un pensiero ideologico. Quasi come se il Papa della Chiesa cattolica avesse voluto che la parola “migranti” entrasse a far parte di diritto delle invocazioni.

Certo, Jorge Mario Bergoglio non si è limitato solo a quella litania: sono state introdotte anche “Mater spei” e “Mater misericordiae“, ossia “Madre della speranza” e “Madre della misericordia”. Ma in questi giorni si è parlato soprattutto di “Maria soccorso dei migranti”. “Solacium“, in latin,o ha più di un’accezione, ma in questo caso si intende associare la figura della Vergine all’ausilio fornito in favore degli “ultimi” e dei “penultimi” del globo terrestre. La pastorale di Francesco è chiara sul punto.

A condire il quadro c’è il fatto che la notizia sia arrivata per mezzo di una comunicazione ufficiale firmata dal cardinal Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino e per la Disciplina dei sacramenti. Sarah, che certo non è etichettabile, è considerato un “conservatore”. Nel corso degli anni passati, il porporato africano ha espresso posizioni critiche sul tema dell’immigrazione. Ma la Curia romana è governata dal pontefice argentino. E questo è un elemento che non può non essere evidenziato. Quello che pensa Sarah, insomma, è relativo rispetto all’opinione del Papa quando si tratta di documenti contraddistinti dal crisma dell’ufficialità come questo sulle tre nuove litanie. Ma chi è che sta riflettendo su quanto disposto dal successore di Pietro?

Monsignor Nicola Bux, per esempio, che abbiamo voluto sentire in merito, ha detto quanto segue: “Non dirò dell’amico Solazzo di cognome, che mi ha comunicato d’essere finito nella Litanie Lauretane! Dirò invece di una convinzione di Paolo VI: Montini non esiste più, è come morto. Cioè, il papa, come ogni ministro ecclesiastico, non insegna o addirittura impone la sua idea, ma la fede della Chiesa, altrimenti il magistero diventa ideologia”. Il rischio sarebbe quello di rendere il magistero “ideologizzato’. Bux ha continuato: “Forse, chi ha suggerito l’idea della nuova invocazione mariana, scomparsa la classe operaia, vuole sostituirla col discusso fenomeno migratorio. Ma, una volta cessato il fenomeno, l’invocazione sarà tolta dalle Litanie? Se invece durasse indefinitamente, starà a ricordare la parola di Gesù: “i poveri li avete sempre con voi”? Forse, sarebbe stata più efficace l’invocazione: “Stella evangelizationis migrantium”? Questa, sì, un’azione propria e permanente della Chiesa, di cui Maria è immagine compiuta”.

Questa ratio è altrettanto cristallina: sarebbe stato preferibile un riferimento alla natura evangelizzatrice della Chiesa, dunque della Madre di Dio. A Monsignor Nicola Bux ha fatto eco don Alfredo Maria Morselli: “Avrei preferito ‘Evangelizzatrice dei migranti’, visto che oggi il flusso migratorio è soprattutto di islamici”. Il sacerdote entra dunque a gamba tesa, per così dire, sul tema della fede di appartenenza di coloro che migrano in direzione del Belpaese, e non solo. Morselli chiarisce con una battuta: “Speriamo che non chieda agli angeli di trasferire una moschea in italia per par condicio con la Santa Casa di Loreto

Quando Bux ha nominato “l’amico Sollazzo” si è riferito a padre Francesco Sollazzo, un altro consacrato che su “Maria soccorso dei migranti” sembra avere più di qualche dubbio. Il passionista, che è stato a sua volta contattato da IlGiornale.it, pensa che “Il primo pensiero che si è portati a fare, è che se ne siano introdotte tre per introdurne una, cioè l’ultima. Se essa fosse stata introdotta da sola, è facile immaginare che avrebbe incontrato molte più resistenze da parte dei fedeli cattolici”. Ma non è tutto. Padre Francesco insiste: “La recente decisione della Santa Sede, infatti, sembra più rispondere ad una esigenza politica che non teologica, infatti l’immigrazione è un tema che occupa le discussioni politiche di questi tempi. Ed è proprio questo fatto che dà più perplessità”.

“Perplessità”: questa è la parola attorno cui ruotano queste disamine. Ma il Papa e i vertici del Vaticano sono fermi sulle loro posizioni

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