martedì 19 maggio 2020

Grazie alle follie di Bellanova i braccianti italiani rimangono senza lavoro: “Non c’è spazio per tutti”



Di Mauro Indelicato – Gli italiani non vogliono più stare nei campi? Fino alla pandemia, forse, è stato così. Del resto, il lavoro di bracciante è in gran parte svolto dalla manovalanza straniera da decenni, le campagne sono state sempre meno abitate e frequentate dagli italiani. Ma oggi la situazione sembra essere cambiata. Nei vari portali in cui vengono riportate le offerte di lavoro nei campi, per ogni domanda ci sono almeno dieci aspiranti. E molti di questi sono italiani. Una circostanza che si scontra contro il principio voluto dalla maxi sanatoria del governo, il quale per riportare manodopera nelle campagne svuotatesi a causa del coronavirus ha dato il via libera alla norma sulla regolarizzazione dei migranti.

 Visto che quello di bracciante non è più un lavoro per italiani, allora ecco che regolarizzando gli irregolari forse si potrà ottenere nuovamente la manodopera necessaria. Una mossa che non è piaciuta quasi a nessuno degli operatori impegnati nel comparto agricolo, a partire dalle associazioni di categoria. Coldiretti ad esempio, sosteneva la necessità di creare appositi corridoi per permettere il rientro di braccianti rumeni e dell’est Europa, quelli cioè da anni maggiormente coinvolti nel lavoro in campagna, tornati nei Paesi di origine una volta scoppiata la pandemia.

Ma il governo ha voluto tirare dritto, anche per i diktat imposti da Italia Viva e dal ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova, rappresentante del partito di Renzi all’interno dell’esecutivo. Ed il paradosso è che una norma del genere sulla maxi sanatoria è arrivata proprio nel momento in cui sono aumentate le richieste degli italiani di lavorare in campagna.

Così come ha raccontato Claudia Osmetti su Libero, sono stati almeno 24mila gli italiani a presentare domanda per essere impiegati nei campi. E tra queste migliaia di persone, c’è chi è laureato, c’è chi era impiegato o chi ha visto svanire la possibilità di trovare lavoro stagionale nel settore turistico.

In poche parole, la crisi economica innescata dalle chiusure decise per bloccare l’epidemia ha fatto tornare molti italiani nei campi. O, per meglio dire, ha fatto riscoprire la tentazione della campagna anche ai nostri connazionali. Ma trovare posto è difficile: il lavoro non è più quello di una volta, la meccanizzazione ha ristretto le possibilità di impiego, anche per fare il bracciante occorre una certa specializzazione.

Intanto però, le domande continuano ad arrivare. Ne sono giunte circa 12mila, da parte di italiani, su Agrijob e cioè sul sito di Confagricoltura, mentre Jobbing Country, che invece è il sito della Coldiretti, ne ha contate 9.500. La Cia invece circa duemila, Humus Jobs almeno 700. Ma di spazio per i connazionali sembra essercene davvero molto poco.

Il terrorista comunista Battisti deve continuare a “marcire” in carcere: respinta la richiesta di domiciliari



Da Il Secolo D’Italia – Resta in carcere l’ex terrorista rosso e pluriomicida Cesare Battisti. I giudici del tribunale di sorveglianza di Cagliari hanno rigettato la richiesta di scarcerazione dell’ex super latitante dei Proletari armati per il comunismo. Nei giorni scorsi Battisti aveva chiesto di andare agli arresti domiciliari a casa dei parenti per il timore di contagio a causa dell’emergenza coronavirus.
La richiesta di domiciliari per Covid-19
Cesare Battisti sta scontando l’ergastolo nel carcere di Oristano dopo l’estradizione in Italia un anno fa.L’arresto ha messo fine a 37 anni di latitanza, trascorsi per lo più tra Francia e Brasile, dove ha goduto di poderose coperture politiche. I legali di Battisti, condannato all’ergastolo per quattro omicidi, presentarono al Tribunale di sorveglianza la richiesta per potere beneficiare delle misure alternative alla custodia cautelare in carcere per timore di essere contagiato dal Covid-19. Secondo l’avvocato, Battisti, che si trova in isolamento, soffrirebbe di diverse patologie.
Cesare Battisti pronto per la sua “Fase 2”
Appena una decina di giorni fa era stata diffusa la notizia che Battisti sarebbe tornato a pubblicare un romanzo in Francia, dove a partire dalla metà degli anni Novanta godette della fama e dei privilegi dello scrittore di successo. “Non c’è mai stato alcun problema di stampa, ma abbiamo dovuto lasciare un po’ di tempo tra l’annuncio delle sue confessioni e la pubblicazione“, ha dichiarato l’editore di Battisti, Gwenaëlle Denoyers, chiarendo che l’uscita del libro era inizialmente prevista per lo scorso ottobre e facendo trapelare la notizia che l’ex terrorista sta già lavorando a un nuovo libro. Insomma, tra fasti editoriali e domiciliari, Battisti già si prefigurava una comoda Fase 2. Invece, a quanto pare, c’è un giudice a Cagliari.

lunedì 18 maggio 2020

BRUMOTTI AGGREDITO DA SPACCIATORI, FERITO: AGENTI CIRCONDATI DA ‘RESIDENTI’ CHE DIFENDONO PUSHER



Ieri pomeriggio stava realizzando un servizio su uno dei luoghi simbolo dello spaccio quando è stato accerchiato da una trentina di occupanti del palazzo, scesi in strada per difendere gli spacciatori. Ancora un’aggressione per Vittorio Brumotti in una piazza dello spaccio. L’ultimo episodio è avvenuto ieri a Milano, dove Vittorio Brumotti ha deciso di documentare lo spaccio di droga in piazza Gorla, una delle storiche aree dello smercio in città.

Il “fortino” di piazza Gorla 23 è famoso per l’intensa attività di spaccio a Milano. Si trova nella zona nord della città, a pochi passi dal Naviglio della Martesana. Come racconta Repubblica, Vittorio Brumotti stava realizzando il suo servizio quando alcuni giovani della zona l’hanno accerchiato, minacciato e hanno iniziato a lanciare dei sassi contro l’inviato di Striscia la notizia, rimasto ferito nell’aggressione.

Il quartiere Gorla è una vera polveriera pronta a esplodere. Ne è stata dimostrazione anche l’aggressione subita dai poliziotti, che al loro arrivo sono stati accolti con insulti e minacce da una trentina di persone residenti in zona. Gli occupanti del fortino e dei palazzi circostanti, praticamente tutti immigrati, si sono precipitati in strada all’arrivo delle volanti per disturbare l’operato degli agenti e liberare gli spacciatori.

Qualche giorno fa, invece, Vittorio Brumotti era tornato a Zingonia, località in provincia di Bergamo dove l’attività di spaccio degli immigrati non si è mai fermata nonostante la quarantena e nonostante i continui interventi delle forze dell’ordine: se non rimpatri chi arresti, poi torna lì. Anzi: ora con Bellanova si regolarizzeranno tutti come ‘colf’.

Da Lamorgese repressione di stampo venezuelano: il Viminale dà la caccia ai cittadini pacifici scesi in piazza



Vergogna Viminale. Ieri il ministero dell’Interno ha schierato una forza d’urto assolutamente sproporzionata contro qualche centinaia di pacifici manifestanti che stavano camminando al centro di Roma. Gipponi, celerini, carabinieri in agenti antisommossa, Digos, funzionari in borghese: sembrava di essere ritornati agli anni Settanta. Questo fervore il Viminale non lo dimostra però con mafia e camorra e spacciatori. Ma andiamo con ordine. Molti cittadini erano scesi in piazza per manifestare con le mascherine tricolori, che sempre ieri mattina hanno manifestato in centinaia di piazza di tutta Italia. A Roma, però, evidentemente il numero significativo di manifestanti, tra cui anche famiglie con bambini e persone anziane, deve aver dato fastidio al regime.
Dal Viminale metodi venezuelani
Il Viminale forse lo ha intepretato per una insurrezione, anziché per quello che era. Ossia gente normale, commercianti, artigiani, ristoratori, parrucchieri, partite Iva, imprenditori, studenti, che non ne possono più. Anzi, che non ce la fanno più a tirare avanti. Le loro attività sono state chiuse d’imperio da un governo che non ha saputo prevenire l’emergenza, pur sapendola. Con i soldi, sempre promessi dal governo incapace, che non arrivano. Con i prestiti che quegli istituti di beneficenza che si chiamano banche stentano a erogare, perché evidentemente non si fidano della garanzia del governo. E poi le casse integraioni che non partono.
I manifestanti prima sequestrati e poi identificati
Tutte queste persone, in tutta Italia, hanno deciso di scendere in piazza con le mascherine tricolori per manifestare pacificamente il loro profondo disagio, alleviato solo dai pacchi alimentari di varie organizzazioni caritatevoli. Insomma, mentre i manifestanti da piazza del Popolo percorrevano le strade centrali di Roma, una impressionante potenza di fuoco delle forze dell’ordine prima li accerchiava in via Tomacelli, bloccando con i mezzi pesanti i varchi di uscita, e poi procedeva a identificare decine di persone. Con funzionari di polizia in borghese che intimavano alla gente di allontanarsi senza dare spiegazioni di nessun genere. Il video lo dimostra chiaramente.

Una repressione di stampo venezuelano

La gente inutilmente spiegava che era una manifestazione pacifica e non c’era bisogno di questo autentico sequestro di persone. Ora è anche proibito scendere in piazza? Dobbiamo solo stare agli arresti domiciliari per l’incapacità e il menefreghismo di chi sapeva fin da gennaio cosa sarebbe successo? Siamo alla sindrome del Venezuela: il dittatore di turno come Maduro, reprime la libertà di espressione. La gente non ha da mangiare. Alla prossima manifestazione cosa faranno, spareranno cannonate sulla folla come Bava Beccaris? Il governo non ha più il controllo della situazione. Che sta diventando pericolosa

domenica 17 maggio 2020

Anziani morti da Covid, la dottoressa che “odia” Salvini indagata per omicidio colposo plurimo



Non solo Milano e la Lombardia. Le procure di tutta Italia indagano sulla gestione dei malati di Covid-19 all’interno delle Rsa e da ultima c’è quella di Vercelli che ha focalizzato la sua attenzione su una struttura del capoluogo piemontese dove sono deceduti 44 anziani. Tra gli indagati, oltre al direttore e alla direttrice sanitaria della Rsa, ora si aggiungono tre medici accusati di omicidio colposo plurimo dopo essersi rifiutati di ricovevare all’ospedale Sant’Andrea di Vercelli cinque anziani che presentavano sintomi da coronavirus.

I dottori non vollero ricoverare gli anziani, che poi morirono tutti nel giro di una settimana, perché nell’ospedale c’era un solo posto libero ed era “meglio tenerlo per una persona giovane”. La procura intende appurare se effettivamente nell’ospedale vi fosse un solo posto libero e come si si giunti a una tale scelta che è costata la vita a cinque persone. Tra i medici, come riporta un articolo uscito oggi sulle pagine locali de La Stampa, c’è anche Roberta Petrino, primario del pronto soccorso del nosocomio di Vercelli, nota alle cronache non solo per essere sopravvissuta al coronavirus, ma anche per i suoi ripetuti attacchi nei confronti della Lega.

Lo scorso 22 febbraio, infatti, la Petrino rilanciò sul suo profilo Twitter un post del docente Matteo Flora che, a poche ore dalla scoperta dei primi casi accertati di coronavirus, scrisse: “C’è qualcosa di sottilmente ironico nel fatto che, mentre si vomitava bile sulle malattie portate dallo sporco povero, il gretto migrante, il barcone affollato, il #coronavirus viaggiava in business con i manager padani. Se Dio esiste ha un fine senso dell’umorismo”. La Petrino, già candidata alle elezioni comunali in una lista civica ostile alla Lega, non è però nuova a queste invettive contro il Carroccio. L’8 maggio dello scorso anno, quando infiammava la polemica sull’eventuale partecipazione della casa editrice Altaforte (legata a CasaPound) al Salone del Libro di Torino, scrisse: “A questo punto dubbi non ce ne sono più. Chi voterà Lega saprà che voterà per il fascismo”.

Paolo Tiramani, sindaco leghista della provincia di Vercelli, stigmatizzò immediatamente tale affermazione e annunciò l’avvio di un’azione legale nei confronti della direttrice del Dea: “Scrivere pubblicamente che chi darà il proprio voto alla Lega voterà il fascismo è davvero troppo. Non escludiamo che valuteremo l’ipotesi di procede per vie legali nei suoi confronti a causa di questo increscioso fatto”. E aggiunse: “Alla Petrino, inoltre, vorrei consigliare di dedicarsi esclusivamente alla salute dei cittadini e, in qualità di primario del pronto soccorso di Vercelli, di puntare esclusivamente alla crescita ed alla gestione delle emergenze affinché il punto ospedaliero diventi sempre più un centro d’avanguardia”.

Oggi Tiramani, rintracciato telefonicamente da ilGiornale.it, preferisce non commentare: “Al momento come Lega preferiamo non dichiarare nulla. I fatti parlano già da sé”. In nome del garantismo è bene non entrare nel merito dell’indagine che è ancora agli albori, ma è bene evidenziare come la Petrino non abbia mai smesso di puntare il dito contro la Lega e i sovranismi. Al di là dei post a sostegno del governo non mancano quelli esultanti nei confronti di Silvia Romano e quelli contro l’ospedale della Fiera di Milano voluto dal presidente Attilio Fontana e dall’assessore al Welfare Guida Gallera.

venerdì 15 maggio 2020

PARROCO INVOCA RIVOLTA: “INCOMPETENTI AL GOVERNO. E’ ORA DI SCENDERE IN PIAZZA”



Padre Ermanno Caccia: “Incompetenti al potere. E’ ora di scendere in piazza”“700 euro per una cremazione poi lo Stato paga 4 milioni per un riscatto. Basta, scendiamo in piazza”. Dalla partita Atalanta – Valencia, alle responsabilità di Governo e Regione: lo sfogo del padre bergamasco Ermanno Caccia.

Un prete della Val Seriana, don Ermanno Caccia, dopo i due mesi passati in catene nella sua casa ad Almè, chiama il popolo italiano alla rivolta contro il governo abusivo.

«Uno Stato che non si prende cura dei lutti della sua Comunità è un baraccone senz’anima, un’istituzione anaffettiva senza identità dedita solo a compiti burocratici».

«Basta così. Qui ci sarà la rivolta. Guardi, io non voglio essere profeta di sventura. Ma vedrà che quando si darà il via libera, e la gente andrà al bancomat e vedrà la scritta “carta non abilitata” perché non ci sono i soldi, scoppierà una guerra. È una cosa reale e concreta. La nostra gente qui sta barcollando in ipotesi che sono ancora più dannose del virus stesso. La battuta che si fa in questi giorni è concreta: chi non è morto di coronavirus, è destinato a morir di fame. Questo non è un agire da esseri pensanti. L’incapacità di una classe dirigente si nota anche e soprattutto in quelle bollette inviate alle famiglie per la cremazione dei propri cari».

«Non lo sanno dello scandalo? Alle persone che hanno avuto un lutto sta arrivando una bolletta di 700 e rotti euro per la cremazione. Questa è una vergogna! Specie se si guarda che lo Stato italiano ha speso 4 milioni per pagare il riscatto di quella ragazza, Silvia. Per l’amor di Dio, andava salvata e bisogna salvare tutti. Ma dov’è il rispetto? Per 2000 persone, hai mandato la bolletta di 700 e rotti euro per i funerali e la cremazione, e poi spendi 4 milioni per portare a casa questa cristiana o ex cristiana, non lo so? Queste sono le incongruenze che fanno arrabbiare le persone. E guardi che la gente è ar-rab-bia-ta! È ora di fi-nir-la! Queste cose gridano vendetta al cospetto di Dio».

Traiamo queste frasi dall’intervista di Alberto Luppichini a don Caccia su valserinanews.it.

«Io lo so che rompo le scatole a qualcuno, ma nessuno si è posto il problema della partita che si è svolta in quelle settimane a Milano tra Atalanta e Valencia. Da Bergamasco e atalantino mi è dispiaciuto non andare, ma vi dico una cosa: allo stadio c’ era molta gente di Nembro e di Alzano. Fra l’ altro il virus ha portato via mio cugino di Alzano, e lui partecipò a quella partita. Io sono abbonato all’ Eco di Bergamo. Ho qui davanti le dichiarazioni del sindaco Gori di quei giorni, che invitava a mangiare cinese. C’ è stata una superficialità imbarazzante all’inizio. Sono ancora incazzato!».

«Ieri occorreva essere più previdenti, oggi bisogna rischiare, altrimenti si muore di fame. Invece la politica centrale si nasconde dietro il parere di virologi in lite. Parlando di Bergamo, l’ unica cosa che ha continuato ad andare avanti è stata la fusione della Banca Popolare di Bergamo. Le banche non sono state toccate. Adesso che dovevano metterci la faccia, fanno menate ai commercianti. Prima chiedono di rientrare dal debito che si ha. Poi, forse, compilati cento e rotti moduli ti darò qualcosa. Scoppierà la rivolta, guardi che scoppia! Quando uno è alla fame, non guarda più in faccia a nessuno. Io rido per la disperazione. Quando la gente si vede accerchiata e non compresa, per sopravvivere cosa fa?».

Facciamola scoppiare, questa rivolta. Andiamoli a prendere.

“Voglio vedere Silvia Romano”: nordafricano tenta di irrompere nella casa della cooperante. I sospetti della procura



Come se non bastassero polemiche, insulti e minacce, a turbare Silvia Romano dopo il ritorno a casa al termine di 18 mesi di prigionia tra Somalia e Kenya, anche il misterioso tentativo di intrusione di un uomo nordafricano, poco prima delle 20 di martedì, nel palazzo dove abita la ragazza.

Come è noto, l’uomo è stato sorpreso sul pianeorottolo della casa dei Romano, al secondo piano. Gli investigatori hanno sequestrato un filmato che era stato realizzato da una troupe televisiva che si trovava davanti al palazzo e che, per puro caso, ha ripreso l’intruso.

 Secondo quanto si apprende, nel video si vede il nordafricano con jeans e cappuccio della felpa alzato uscire rapidamente dallo stabile, in fuga. L’uomo però non è ancora stato identificato. Ma soprattutto non si comprende perché, dopo essere stato sorpreso da alcuni vicini di casa, si sia messo a urlare affermando che voleva vedere Silvia.

Dunque, prima della fuga, ha provato anche una reazione brandendo un ombrello. Un gesto che sembra quello di un folle, un mitomane, uno squilibrato. Eppure dalla procura fanno sapere che ci sono diverse cose che non tornano, a partire – rivela il Corriere della Sera – dal fatto che conoscesse il piano e la porta dell’appartamento della famiglia Romano.

mercoledì 13 maggio 2020

I vescovi affaristi si vantano pure: “Dall’8×1000 stanziati 9 milioni per l’Africa”. Gli italiani possono aspettare…



(ANSA) ROMA, 13 MAG – La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, dopo il primo intervento pari a 6 milioni di euro, ha deciso lo stanziamento di ulteriori 3 milioni di euro, provenienti dai fondi dell’otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per aiutare i Paesi africani e altri Paesi poveri nell’attuale situazione di crisi mondiale.

 “Nella consapevolezza che, a causa della pandemia, la situazione già drammatica di tali Paesi può divenire devastante”, la Presidenza Cei ha incaricato il Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo e la Caritas Italiana di elaborare una strategia d’azione che permetta di incrementare il numero dei progetti, selezionandoli tra quelli presentati dagli ospedali e dalle istituzioni cattoliche operanti sul territorio e ritenuti validi dopo la prima manifestazione di interesse. Gli ambiti di intervento restano quelli sanitario e formativo.

Calca sotto casa della Romano? Nessuno interviene. Ristoratori disperati in piazza? Multati



Milano, 12 mag – In Italia ci sono due pesi e due misure sugli assembramenti. Il ministero dell’Interno ha punito severamente i ristoratori milanesi scesi in piazza per chiedere aiuto al governo ma non ha fatto nulla ieri per impedire l’incredibile calca di giornalisti sotto casa di Silvia Romano. “Ieri le regole non sono state rispettate. Non ci sono assembramenti di serie A e di serie B”, è il commento a scoppio ritardato del sindaco Beppe Sala. “E’ stato un assembramento impressionante – fa presente -. Mi sarebbe piaciuto vedere sui quotidiani una stigmatizzazione del comportamento di giornalisti e foto-operatori”, dice il primo cittadino di Milano.
La calca di ieri era ampiamente prevedibile ma il governo e Sala non hanno mosso un dito
A noi sarebbe piaciuto che di concerto con il Viminale Sala avesse impedito la ressa di ieri, in totale violazione delle regole anti contagio imposte dal governo Conte. Anche perché il grave episodio era ampiamente prevedibile, data l’eco mediatica del ritorno in Italia della cooperante milanese sequestrata in Kenya nel novembre 2018 e costata allo Stato italiano 4 milioni di euro. Le parole di oggi – di quello stesso sindaco che all’indomani delle ignobili sanzioni contro i ristoratori milanesi, scesi in piazza rispettando le norme sul distanziamento sociale, si è affrettato a chiarire che le multe non dipendessero da lui ma dal ministero dell’Interno – non fanno che aumentare l’indignazione. La disparità di trattamento è inaccettabile, ancor più se le autorità fanno a scaricabarile, rimbalzando le responsabilità. Alla fine, quello che resta è la punizione che arriva per alcuni e per altri no.
I primi a violare la distanza di sicurezza sono stati Conte e Di Maio
Peraltro i primi a violare le norme sulla distanza anti-coronavirus erano stati il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nelle foto di rito con la Romano appena rientrata in Italia. Ecco perché la protesta che divampa sui social per il fatto che la ressa di ieri resti impunita, quando invece gli italiani vengono multati a ogni piè sospinto da un regime di dittatura sanitaria, è sacrosanta, sebbene confinata soltanto sulla rete.
Un premier che predica bene e razzola male
E se le Mascherine tricolori per il secondo sabato di seguito – nel totale rispetto delle distanze di sicurezza – sono scese in piazza proprio per protestare contro il governo Conte, il resto dei cittadini resta attonito di fronte a un premier che predica bene e razzola male. Conte non fa che ripetere che “se non si sta attenti ritornano i contagi e tutti i sacrifici compiuti saranno stati vani”. E poi i cittadini devono vivere in un Paese dove non si applicano regole univoche per tutti. Per di più, tra i giornalisti, i fotografi e gli operatori assiepati sotto casa della Romano c’erano anche membri delle forze dell’ordine. Il paradosso nel paradosso: un agente che viola le regole sull’assembramento perché trascinato dalla folla.

martedì 12 maggio 2020

Campobasso, decine di persone al funerale rom: e di colpo i contagiati da covid schizzano a +30% (Video)



Campobasso, 12 mag – Settanta contagi in meno di due giorni: un fulmine a ciel sereno colpisce il Molise, dove fino ad alcuni giorni fa i positivi al coronavirus non erano, in tutto, nemmeno 200. Un incremento di più del 30%. E pare che per questo «regalino» si debba ringraziare la comunità rom di Campobasso.

Tutto è iniziato giovedì scorso, con il ricovero di una donna rom al reparto infettivi dell’ospedale Cardarelli del 3 molisano. Da quel momento, una volta partita la macchina dello screening, i positivi sono spuntati come funghi nella comunità rom locale: prima 20, poi un’altra ventina, poi altri 10. Fino ad arrivare a 60 positivi e 4 ricoveri, facendo ricascare la piccola Regione in stato di emergenza. Il motivo? Un funerale, avvenuto il 30 aprile (l’evidenza video è pubblicata in fondo a questo articolo) che ha visto la presenza di decine di nomadi accorsi a omaggiare il defunto. Diversamente dai funerali italiani, vietati fino a pochi giorni fa, e che ora si possono svolgere in forma ultra-contingentata e ultra-blindata.

Il sindaco M5S Roberto Gravina cerca di difendersi «Nessun funerale è stato autorizzato» ha spiegato a Open. «Era stata inoltrata richiesta di celebrare il funerale ma c’è stato un ovvio diniego. La tumulazione al cimitero e la benedizione ci sono state, ma erano meno di dieci persone e si tenevano a distanza», si è giustificato il primo cittadino ora messo sulla graticola social. «I rom avrebbero voluto celebrare il funerale nella chiesa di San Pietro, ma il parroco è stato diffidato a celebrare le esequie e ha chiuso la chiesa. È stata accordata solo la benedizione». Per tutta risposta, i rom si sono assembrati in una cinquantina sotto la casa del defunto, tra pianti, abbracci, saluti. Distanziamento sociale decisamente non pervenuto. Il tutto filmato da una donna incredula che assisteva alla scena dal balcone.

Il video ha permesso di «identificare i due terzi delle persone che erano presenti in via Liguria e che saranno sanzionate», riferisce il Comune di Campobasso. «Ai rom – questa una voce dalla Questura – saranno elevate sanzioni salate per non aver rispettato le leggi in vigore durante il lockdown che vietavano gli assembramenti». Di pianto in pianto, di abbraccio in abbraccio, il virus si è insomma diffuso in quella circostanza, dal momento che – si è saputo poi – al funerale partecipavano famiglie provenienti da altri comuni, compreso un nucleo abruzzese.

Il direttore generale dell’Agenzia sanitaria regionale molisana Oreste Forenzano non sa più che pesci pigliare. «Mi appello al buon senso, al rispetto delle regole» è il suo appello da Facebook, nel tentativo di placare gli animi di una cittadinanza inferocita da due mesi di lockdown, blocco delle attività lavorative e ora sotto la minaccia di una nuova chiusura grazie al menefreghismo d’ordinanza dei rom, davanti al quale le amministrazioni sono sempre pronte a chiudere un occhio. In stato confusionario versa invece il presidente della Giunta regionale dl Molise, Donato Toma, che prima dichiara: «Stiamo facendo tutte le verifiche perché quanto è successo a Campobasso è di una gravità inaudita», e subito dopo si cintraddice: «La situazione a Campobasso è sotto controllo». In tutto questo è da segnalare la «collaboratività zero» dei nomadi che hanno rifiutato l’invito a isolare i positivi in un hotel dismesso.

Ma quali braccianti stranieri da regolarizzare, ci sono 20mila italiani pronti al lavoro nei campi



Chi l’ha detto che gli italiani non vogliono fare i braccianti? Complice la crisi nera in cui l’Italia sta entrando a causa del Covid, circa 20mila italiani si sono fatti avanti. E si sono registrati presso le principali organizzazioni agricole. Un numero inferiore ai 200mila che sono necessari. Ma un numero rilevante, tale da sfatare la leggenda secondo cui gli italiani non vogliono fare i lavori pesanti degli immigrati. In Italia i lavoratori stagionali stranieri impiegati nel settore sono 370mila, in maggioranza rumeni, ma anche marocchini, indiani, senegalesi.

Non solo gli stranieri, comunque, sono disposti a un impiego nella filiera agricola. La notizia l’ha data il Corriere, specificando che si tratta di italiani che hanno perso il lavoro precedente all’emergenza coronavirus. Le organizzazioni agricole hanno creato piattaforme per vedere chi rispondeva alle offerte di lavoro delle aziende visto che i lavoratori stagionali sono bloccati nei loro paesi.

Le domande nella filiera agricola
“La prima, il 7 aprile – scrive il Corriere – è stata Confagricoltura: in poco più di un mese alla piattaforma Agrijob sono arrivate 17 mila domande, 12 mila circa di italiani. Il 18 aprile anche Coldiretti ha lanciato la sua banca dati: a Jobincountry si sono iscritti in 10 mila circa, quasi 9 mila italiani. Il 24 aprile è partita anche la Cia con la piattaforma Lavora con agricoltori italiani (inteso come aziende agricole): in due settimane sono arrivate 2.500 domande, 2 mila circa di italiani. In poco più di un mese, quindi, oltre 20 mila italiani (un terzo donne), hanno provato ad avvicinarsi ai campi. Qualcuno aspetta risposte, altri dopo due giorni hanno cambiato idea, ma in tanti ora raccolgono frutta e verdura”.
Le proposte di Confagricoltura
Com’è noto il governo pensa a una sanatoria dei braccianti irregolari, tutti stranieri, e sul tema c’è una spaccatura interna alla maggioranza tra M5s e Pd. Ma Confagricoltura aveva lanciato l’allarme già a fine marzo e il suo presidente, Massimiliano Giansanti, aveva avanzato un’altra proposta: far lavorare nelle aziende agricole, attualmente a corto di manodopera, chi percepisce il reddito di cittadinanza. Confagricoltura aveva anche chiesto maggiori aiuti al settore agroalimentare e la reintroduzione, solo momentanea, dei voucher per i lavoratori del settore.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi aggiornamenti e le migliori guide direttamente nella tua inbox.