venerdì 17 aprile 2020

Il M5$ è pronto a un nuovo tradimento. Ora apre al Mes! Cosa non farebbero per una poltrona!



Di Luca Sablone – Il Movimento 5 Stelle fa l’ennesimo dietrofront: dal “no Mes” ora si è passati al “forse, vedremo“La versione light del fondo salva-Stati starebbe ingolosendo anche alcuni grillini, che non escludono del tutto il possibile ricorso a quello che comunque continuano a ritenere uno “strumento insufficiente e inefficace“. Una lieve apertura è arrivata da Giancarlo Cancelleri: “Qualsiasi strumento va valutato dopo averlo visto: servono interventi da centinaia di miliardi per ogni paese“. Il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ribadito che all’interno della maggioranza vi sono delle scintille sul nodo del Meccanismo europeo di stabilità: “Giuseppe Conte ha chiesto unità per andare al Consiglio europeo a trattare, noi del Movimento 5 Stelle abbiamo accolto l’invito e mi pare lo abbiano fatto anche gli altri“.

Lo stesso presidente del Consiglio nella giornata di ieri ha fatto un passo indietro, annunciando che le eventuali condizionalità del Mes dovranno essere giudicate dopo il 23 aprile, quando sarà ultimato il pacchetto completo al termine del Consiglio europeo: “Solo allora potremo valutare se questa nuova linea di credito pone condizioni, quali condizioni pone, e solo allora potremo discutere se quel regolamento è conforme al nostro interesse nazionale“.
“Il Mes può cambiare”
L’ultima parola comunque spetterà al Parlamento. Sulla stessa linea Stefano Patuanelli, che giudica surreale il dibattito “su qualcosa che non esiste“: il titolare del dicastero dello Sviluppo economico ha specificato che “con i se e con i ma non si prendono decisioni“. Al momento comunque i grillini considerano il fondo salva-Stati uno strumento “che prevede delle condizionalità” e dunque un vero e proprio “pericolo“, ma vogliono aspettare l’esito del Consiglio europeo: “Bisogna capire cosa esce“. Attualmente non vi è ancora alcun documento che dimostri una netta variazione rispetto al passato: con le attuali condizionalità dal M5S è arrivato un “no definitivo“.

Tuttavia si vuole attendere per una nuova valutazione: “Se invece il Mes è un salvadanaio che rompiamo e prendiamo i soldi per usarli, allora è un’altra cosa. Abbiamo rotto il salvadanaio, ovvero abbiamo rotto il Mes. Allora questo è un ragionamento diverso“. Patuanelli infine, intervenuto ad Agorà su Rai 3, ha concluso dicendosi certo sul fatto che il nostro Paese non dovrà attivarlo, ma ha sottolineato: “Aspettiamo il Consiglio europeo tra qualche giorno prima di fare commenti su qualsiasi ipotesi“.

giovedì 16 aprile 2020

BLITZ ANTIDROGA, ARRESTATO PADRE DESIREE



Operazione antidroga dei carabinieri vicino Latina. I carabinieri di Cisterna di Latina e Aprilia hanno eseguito, alle prime ore dell’alba, otto ordinanze di custodia cautelare a carico di presunti componenti di un gruppo criminale che operava a Cisterna, dedito allo smercio di sostanze stupefacenti, soprattutto cocaina, e di ‘recupero crediti’ a carattere estorsivo.

A quanto reso noto in un comunicato stampa tra gli arrestati di oggi c’è il 39enne Gianluca Zuncheddu, padre di Desirée Mariottini, la 16enne morta a ottobre 2018 in uno stabile abbandonato del quartiere San Lorenzo a Roma. Per gli investigatori “Zuncheddu è l’organizzatore e fa avere ai pusher la sostanza da smerciare”.

Due degli arrestati, inoltre, sono ritenuti responsabili di un atto intimidatorio avvenuto a maggio 2018 quando furono esplosi colpi di arma da fuoco contro l’automobile di un maresciallo della stazione carabinieri considerato “responsabile di contrastare la loro attività di spaccio con eccessiva determinazione”.

Se avesse pensato alla figlia, non sarebbe finita in un palazzo abbandonato a chiedere droga a dei fottuti ‘profughi’ africani.

Dopo quello che hanno fatto alla figlia, qualunque padre decente avrebbe passato la vita ad andare a caccia di spacciatori africani. Disseminando il territorio di cadaveri. Invece, questo spaccia. Al patibolo.

IL GOVERNO CACCIA GLI ITALIANI DISOCCUPATI DAI CAMPI PER FAR LAVORARE 600MILA CLANDESTINI



In Senato è andato in scena uno scontro a distanza tra Teresa Bellanova e Matteo Salvini sul tema dei clandestini. “Lo Stato deve farsi carico della vita di queste persone o sarà la criminalità a sfruttarla”, ha dichiarato la ministra delle politiche agricole durante la sua informativa in merito all’emergenza coronavirus. “Nella situazione attuale, le condizioni di questi irregolari sono ancora più complicate e fragili” e quindi la soluzione per la Bellanova è la sanatoria per 600mila clandestini da mandare a lavorare nei campi.

Ridicolo. L’Italia si appresta a vivere una caduta del 10 per cento del Pil con una disoccupazione del 17 per cento entro la fine dell’anno, milioni di disoccupati, e questi pensano ai clandestini. E’ ovviamente una scusa per crearsi un esercito di nuovi elettori, visto che gli italiani non li votano più.

Ogni scusa, anche la più delirante come il coronavirus, che semmai dovrebbe imporre l’espulsione coatta di massa dei clandestini. Del resto è da quando sono tornati con un golpe al governo che lo chiedono:

“Incredibile – è il commento a caldo di Salvini – ma non avrebbe più senso aiutare tutti gli italiani che hanno perso e perderanno il lavoro per il virus, dando a loro precedenza e contratti, invece di pensare a ‘regolarizzare’ un esercito di clandestini?”. Poi in conferenza stampa al Senato il leader leghista ha rimarcato il concetto: “”Ci sono due idee di Italia diverse. C’è quella ‘rispettabile’ del governo e della sinistra – ma non condivisa da noi – per la sanatoria per 600mila lavoratori clandestini, mentre la proposta della Lega è quella di reintrodurre i voucher”.

VIOLENTI A BORDO NAVE ONG TEDESCA: “PERICOLO PER SÉ E PER GLI ALTRI: SBARCHINO IN ITALIA O SI STRESSANO”

AGGIORNAMENTO: IL FINTO SUICIDA E ALTRI 3 SONO SBARCATI IN ITALIA .



Un clandestino di 24 anni ha tentato il suicidio a bordo della Alan Kurdi, la nave della Ong tedesca con 149 clandestini a bordo che in queste ore si trova a largo delle coste di Termini Imerese, nel palermitano, in attesa del provvedimento del governo italiano che ha previsto il trasbordo dei naufraghi su un’altra nave dove trascorreranno la quarantena.

Dopo dieci giorni, è quindi escalation nel ricatto. Il delinquente che ha provato ieri a togliersi la vita si trova, secondo il medico della nave, in rapporto conflittuale con altre persone salvate a bordo. Quindi, secondo questi scellerati, noi dovremmo prenderci i clandestini che si pestano tra loro? Portateli in Germania. Ancora meglio: in Africa.

“L’uomo è un pericolo per se stesso e per gli altri. E siamo certi che la condizione peggiorerà ulteriormente”, ha minacciato la dottoressa Caterina Ciufegni nella sua relazione medica comunicata alla guardia costiera italiana.

Un altro clandestino “è così stressato che da giorni ricorre ad atti di autolesionismo”.

La capitana della nave Bärbel Beuse ha chiesto ieri pomeriggio l’evacuazione di tre clandestini, subito portati a Lampedusa nonostante il coronavirus.

L’avvicinarsi delle motovedette della guardia costiera italiana ha causato, riferisce la Sea Eye, scene che evidenziano la criminalità di queste organizzazioni a bordo. “Trattenute da 10 giorni a bordo e talmente disperate, le persone a bordo volevano buttarsi in acqua alla vista delle motovedette. Non riuscivano a calmarsi”, ha riferito il capo missione della Alan Kurdi Jan Ribbeck. L’operazione di evacuazione è stata completata solo dopo due ore.

Ricordiamo che sia questa nave che quella spagnola sono state respinte da Malta. Mentre il governo italiano prepara navi da crociera e resort di lusso per accogliere il branco.

Migranti, Alan Kurdi le prova tutte: “A bordo della nave atti di autolesionismo e tentato suicidio”



Un uomo di 24 anni ha tentato il suicidio a bordo della Alan Kurdi, la nave della Ong tedesca con 149 migranti a bordo che in queste ore si trova a largo delle coste di Termini Imerese, nel palermitano, in attesa del provvedimento del governo italiano che ha previsto il trasbordo dei naufraghi su un’altra nave dove trascorreranno la quarantena.

Dopo dieci giorni, la disperazione di alcune persone a bordo “ha raggiunto livelli senza precedenti”, dichiara la Sea Eye. Il giovane che ha provato ieri a togliersi la vita si trova, secondo il medico della nave, in un grave stato d’ansia dopo esperienze di violenza in una prigione libica e in rapporto conflittuale con altre persone salvate a bordo.

“L’uomo è un pericolo per se stesso e per gli altri. E siamo certi che la condizione peggiorerà ulteriormente”, ha detto la dottoressa Caterina Ciufegni nella sua relazione medica comunicata alla guardia costiera italiana. Un altro giovane è così stressato che da giorni ricorre ad atti di autolesionismo.

La capitana della nave Bärbel Beuse ha chiesto ieri pomeriggio l’evacuazione di tre persone. Pronta la risposta della Guardia Costiera italiana. Ma l’evacuazione non è stata facile. L’avvicinarsi delle motovedette della guardia costiera italiana ha causato, riferisce la Sea Eye, scene drammatiche a bordo. “Trattenute da 10 giorni a bordo e talmente disperate, le persone a bordo volevano buttarsi in acqua alla vista delle motovedette. Non riuscivano a calmarsi”, ha riferito il capo missione della Alan Kurdi Jan Ribbeck. L’operazione di evacuazione è stata completata solo dopo due ore

I malati di Coronavirus dell’Emilia Romagna mandati nelle case di riposo: così è iniziata la “strage” di anziani



La casa di riposo Madonna della Bomba Scalabrini, a Piacenza, la conoscono tutti. È un’istituzione. E allo stesso modo tutti sanno che con l’arrivo dell’epidemia molto è cambiato. La struttura è risultata essere uno dei luoghi più colpiti dal coronavirus, probabilmente anche per colpa della vicinanza con Codogno, il paese in provincia di Lodi epicentro del primo focolaio. Nella struttura privata, accreditata e convenzionata, che a pieno regime accoglie circa 100 ospiti (“tutti grandi anziani, sopra i 90 anni di età”, spiegano dall’istituto), dall’inizio dell’epidemia hanno perso la vita dalle 25 alle 30 persone. E a contarle, con la voce quasi rotta dal pianto, è il presidente della fondazione, don Andrea Campisi.

 Troppi morti e pochi tamponi Se si paragonano i decessi di quest’anno con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso, nel 2020 si registra un numero sicuramente “diverso”, come confermano dalla struttura. Non tutti sono “certificati” Covid-19, visto che l’Usl ha effettuato soltanto una decina di tamponi sugli ospiti, trovandone positivi otto. Ma gli altri, con l’esclusione -forse- di tre persone, sono deceduti con sintomi febbrili riconducibili al nuovo virus.

Ormai è tardi per una diagnosi, ma il sospetto è che anche qui l’infezione sia arrivata come un’onda, portandosi via più persone di quelle che rientreranno nei freddi numeri delle statistiche. “Venti morti, anche senza avere la certezza assoluta del coronavirus, sono tanti – sospira il direttore, Paolo Cavallo – Il numero che ha toccato noi e i nostri operatori è completamente diverso da quello che può accadere normalmente in una struttura, dove ci può essere un mese con più morti, ma in maniera assolutamente naturale e più compatibile con la vita“. Non così.
Le limitazioni all’ingresso
Come in altre rsa di tutta Italia, anche alla Madonna della Bomba Scalabrini nessuno si aspettava di dover pagare un prezzo così alto. Non le vittime, non gli operatori, né le famiglie degli anziani, che non hanno nemmeno potuto piangere da vicino i loro cari. “Abbiamo superato la fase d’emergenza iniziale e in questo momento possiamo dire di non avere casi gravi. Le persone che hanno avuto sintomi da Covid-19 sono stabili. Sono tutti isolati e la situazione è migliorata. Ma è vero -ammette Cavallo- che abbiamo avuto dei giorni con un numero di decessi importanti“.
Il ruolo della Regione
La struttura è stata interdetta al pubblico nei giorni successivi alla diffusione dell’epidemia. “Noi abbiamo avviato limitazioni, chiedendo una registrazione all’ingresso e facendo entrare, all’inizio, soltanto una persona per ospite. Ma quando è uscita la nota regionale, la casa è stata chiusa al pubblico“. Le disposizioni dalla Regione sono arrivate sì tempestivamente, dicono dall’istituto, ma quando ormai il coronavirus iniziava già a fare i suoi morti. “La nostra è stata una delle prime strutture a essere colpite ed è stata anche una delle prime che ha chiuso dopo che c’erano delle febbri“, racconta la direzione. “Ma a quel punto non c’era più nulla di preventivo”. Se l’istituto è riuscito, in qualche modo, a contenere il già alto numero di contagi lo deve a una decisione presa in autonomia, com’è accaduto in altre realtà: “Noi abbiamo avuto certamente uno sguardo di attenzione, anche prima che si parlasse di isolamento, perché avevamo Codogno vicino”.
I contagi e gli operatori
La domanda a questo punto è: come si sono infettati gli anziani ospiti? Le ipotesi non mancano: vettori del contagio potrebbero essere stati quei pazienti che prima dell’ingresso in struttura sono passati per l’ospedale, dove potrebbero aver incontrato il virus. Oppure i familiari. O ancora chi è transitato solo dal centro diurno per poi fare rientro a casa. “Noi proviamo a ragionarci, pur sapendo che non c’è una risposta”, sospira Cavallo. I sospetti più forti riguardano però il ruolo degli operatori. “Noi abbiamo circa 80 persone che lavorano qui dentro“, spiega il direttore. Persone che entrano ed escono, incontrano familiari, circolano.

Nessuno di loro, tuttavia, è mai stato sottoposto a tampone, a eccezione di chi è finito in malattia, al pronto soccorso chi presentava stati febbrili persistenti. Ma se la domanda è se sia stato fatto un esame sui “sani” o sugli asintomatici, magari per impedire che portassero dall’esterno il virus tra i letti degli anziani, la risposta è no. Certo, oggi chi si assenta dal lavoro per malattia deve sottoporsi a un test che accerti la negatività al virus. Ma all’inizio della crisi, in piena emergenza, questa misura preventiva non è stata presa. Don Campisi, che parla dell’istituto come di una famiglia che ha perso i suoi nonni, ci tiene però a precisare che “i tamponi non vengono decisi da noi”, ma a chiederli è “l’istituto di igiene”. Come a dire che le responsabilità ci sono e vanno cercate, probabilmente a livelli più alti.

CONTAGIO DILAGA IN HOTEL IMMIGRATI: CENTINAIA DI INFETTI IN TUTTA ITALIA



Molti degli infetti si recano regolarmente al lavoro

Cento solo a Verona. Decine di altri centri immigrati colpiti da nord a sud. Con dati spesso nascosti, come a Roma, dove il Comune si rifiuta di dare dati ufficiali. Impossibile, quindi, dare un numero preciso.

L’epidemia di coronavirus veicolata dai centri di accoglienza immigrati, diffusi in modo capillare nel territorio. Ce ne sono migliaia con oltre 85mila ospiti in hotel, strutture ricettive e altre abitazioni.

Molti degli ospiti fanno lavori che rischiano di diffondere il virus ovunque: sono rider. E si muovono senza controlli.

Le strutture adibite all’accoglienza dei finti profughi sono vere e proprie polveriere del contagio che stanno esplodendo sotto il nostro culo.

Dopo i casi di Milano, in provincia di Gorizia, ad Alpignano, al Palace Hotel Selam a Roma e in tante altre realtà periferiche, ecco la notizia da Verone, Hotel Monaco:

La prefettura ha disposto la vigilanza costante delle forze dell’ordine davanti agli ingressi della struttura: da ieri mattina il reparto mobile della polizia si alterna con i carabinieri. Parecchi degli immigrati risultati poi positivi, infatti, hanno un ‘lavoro’ – non si capisce quale, visto che non sono certo chirurghi e l’unica possibilità è quella dei rider – e insistono per andarci, nonostante il pericolo altissimo di contagio.

Difficile convincere gli stranieri della gravità del movimento – all’interno ci sono pakistani, nigeriani e altri. La prefettura di Verona sta valutando l’ipotesi di un trasferimento dei fancazzisti al momento negativi, in altri luoghi, per diffondere meglio l’epidemia, evidentemente.

Stessa situazione nel centro accoglienza di Torre Maura, periferia est di Roma, che dopo quanto accaduto ieri, è di nuovo nel mirino della protesta dei residenti per il grave pericolo che rappresenta sul fronte sanitario oltre che della sicurezza:

“I migranti e rifugiati presenti nella struttura devono essere trasferiti immediatamente. Non è possibile che noi siamo tutti chiusi in casa nel rispetto delle restrizioni anti contagio e qui ci sono soggetti positivi al coronavirus che scappano e vanno in giro mettendo a rischio i residenti”, spiega Mauro Antonini, già candidato presidente della Regione Lazio con CasaPound e portavoce degli abitanti del quartiere.

Antonini racconta che l’8 aprile “è stata innalzata un’ulteriore barriera lungo la recinzione alta due metri. Una barriera anti-scavalco con una rete metallica più alta, elettrosaldata, di quelle rigide da cantiere. Perché dopo i casi di coronavirus accertati sono stati segregati e quindi alcuni di loro sono scappati”.

“La cosa più grave è che i residenti ancora oggi non sono stati informati sui rischi sanitari causati dalla presenza nella struttura di un numero imprecisato di contagiati. A seguito dell’incendio poi alcuni locali sono inagibili e sono venute a mancare le condizioni di sicurezza sull’isolamento dei soggetti positivi. Ecco perché i cittadini chiedono l’immediato trasferimento degli ospiti in un’altra struttura. Protetta e lontano dai centri abitati”.

Secondo Antonini, poi, solo alcuni tra gli immigrati sarebbero stati ‘tamponati’, e il Comune non vuole rivelare il numero di contagiati. Possiamo quindi intuire che lo sono tutti.

mercoledì 15 aprile 2020

La nave per la quarantena dei clandestini? Ai contribuenti italiani potrebbe costare un milione di euro



I migranti in isolamento su una nave. È questa l’ultima idea per mettere in quarantena chi sbarca nel nostro Paese con mezzi propri o con l’aiuto delle Ong.Ma il prezzo per mantenere le imbarcazioni potrebbe essere molto alto. La Verità, infatti, ha stimato una spesa di circa 1 milione di euro per due settimane, per un traghetto.

A preoccupare, in queste ore, è la Alan Kurdi, nave dell’ong tedesca Sea Eye, che ha soccorso oltre 150 persone. Sia i migranti che i membri dell’equipaggio potrebbero essere ospitati su un traghetto italiano. Secondo quanto ha riferito il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, che per primo ha lanciato la proposta di una quarantena sulla nave, la compagnia Gnv avrebbe messo a disposizione la motonave Azzurra, dotata di protocollo sanitario per l’assistenza di eventuali casi da Covid-19 a bordo: “Basta solo sottoscrivere il contratto– incalzava Musumeci-È compito del governo nazionale“.

L’ipotesi della quarantena in mare era stata confermata anche dal ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, che aveva specificato come la vicenda dell’Alan Kurdi avrebbe portato “nelle prossime ore a prendere una nave passeggeri sulla quale far passare la quarantena sia all’equipaggio della Alan Kurdi sia ai 159 migranti che sono a bordo“. E aveva precisato: “Esiste un punto di organizzazione sanitaria rispetto al quale in questo momento di emergenza l’Italia sta facendo il massimo, ma di più non può fare. Poi esiste il governo e l’Italia che accoglie e comunque non si gira mai dall’altra parte“.

Sulla vicenda è intervenuto anche il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, nel corso della conferenza stampa di ieri sera, precisando che “siamo in fase di valutazione“. “L’utilizzo di una specifica nave è ancora al vaglio del soggetto attuatore”, ha detto, indicando il capo dipartimento per le libertà civili e immigrazione, Michele Di Bari, che è al lavoro per “individuare le soluzioni sia per quanto riguarda le quarantene sulle navi sia per trovare dei luoghi” ai accoglienza.

A sostenere che “il governo italiano ha finalmente accolto la proposta, che in tanti abbiamo rivolto, per mettere in quarantena i migranti su una nave al largo delle coste siciliane” è stato, invece, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. “Possono così essere messi in sicurezza siciliani e migranti con una nave al largo del porto di Trapani dove vi sono i migranti salvati dalla nave Alan Kurdi- ha aggiunto il primo cittadino- È un atto di umanità e di rispetto delle convenzioni internazionali, in un tempo di emergenza nel quale è forte l’esigenza di rispettare il diritto alla vita alla salute di tutti“.

I migranti dell’Alan Kurdi, quindi, potrebbero essere trasferiti sul traghetto Azzurra, una nave che può ospitare fino a 2.180 persona, dispondendo si 518 cabine e 24 suites. Ma, secondo un’indagine effettuata dalla Verità, il costo del mantenimento non sarebbe basso. La compagnia Gnv non avrebbe risposto alle richieste dei giornalisti del quotidiano, che avrebbero però chiesto il parere di alcuni esperti. Secondo quanto riferito, ogni giorno le spese relative alla nave potrebbero venire a costare tra i 60 e gli 85mila euro, inclusi i pasti per gli ospiti. Se fosse vero, si tratterebbe di quasi 1 milione di euro, per le due settimane di quarantena richieste.

Ma le navi potrebbero non bastare. Per questo, il Viminale starebbe cercando anche degli alberghi. “Continuare a permettere a queste persone di sbarcare in Italia mi sembra molto grave per la situazione di sanità pubblica– ha commentato il leader della Lega, Matteo Salvini–Il governo non riesce a mandare sufficienti mascherine alle Regioni e rimborsi ad aziende, famiglie e lavoratori ma cerca alberghi per l’accoglienza degli immigrati in Sicilia. Il business dell’immigrazione è ripreso a tutta forza, anche a discapito della ripresa turistica“.

Follia a Biella: bracciante del Mali attacca brutalmente un carabiniere. I militari lo sparano alle gambe



Era stato da poco assunto come bracciante agricolo in un’azienda di frazione Piana, a Trivero, nel territorio di Valdilana, il cittadino maliano K. D., 37 anni, incensurato, con regolare permesso di soggiorno, arrestato domenica mattina alle 7 per tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale.

A chiamare i carabinieri è stato il titolare dell’azienda, dopo che l’uomo senza apparente motivo aveva iniziato a urlare contro i presenti, cercando di colpirli con un bastone e danneggiando un’autovettura.

All’arrivo dei carabinieri aggrediva anche loro colpendo il comandante della stazione di Valle Mosso e un brigadiere con il bastone, gettando a terra il secondo, senza fermarsi anche quando un terzo militare gli spruzzava in volto lo spray al peperoncino in dotazione. Visto che l’uomo cercava ancora di colpire alla testa il brigadiere, il maresciallo capo Daniele Ciani, impugnata la pistola gli ha sparato nel piede destro.

Dopo essere stato bloccato il maliano è stato sedato dai sanitari del 118 e trasportati in Pronto soccorso, dove gli sono stati diagnosticati 15 giorni di prognosi, subito dopo è stato trasferito in carcere. Anche due carabinieri e un dipendente dell’azienda agricola hanno dovuto essere medicati per i colpi subiti.

Roma, i residenti di Torre Maura si ribellano: incendiato il centro d’accoglienza. Polizia: “È un rogo doloso”



Tensione a Torre Maura dove poco dopo le 17.30 è esploso un incendio all’interno del centro d’accoglienza di via Codirossoni. A bruciare una zona alle spalle della struttura, dove erano ammassati suppelletili, materassi e detriti vari. Fumo in tutto il quartiere e allarme, anche sui social, da parte dei cittadini.

 Sul posto gli agenti della Polizia Locale del gruppo sicurezza pubblica emergenziale e del gruppo sicurezza sociale urbana per garantire la sicurezza ed impedire eventuali allontanamenti dal centro. Con loro la polizia di Stato, reparto mobile, volanti e commissariato Casilino. L’ipotesi delle forze dell’ordine è infatti quella di un rogo doloso, creato ad arte per rendere inagibile la struttura e causarne così l’evacuazione. Allertate due squadre dei vigili del fuoco, impegnate nel domare le fiamme. Gli ospiti del centro vengono tenuti in assoluta sicurezza all’interno del perimetro della struttura.

Nei giorni scorsi, in particolare nella giornata di martedì 7 aprile, ci sono stati attimi di tensione tra i residenti di zona e alcuni abitanti del centro perché sorpresi a scavalcare. Da lì ne sarebbe nata una sassaiola con l’intervento degli agenti della poliziale a calmare gli animi. Agitazione scaturita perché un richiedente asilo sarebbe risultato positivo al Covid-19, ragione per cui alcuni abitanti del quartiere hanno iniziato a monitorare i movimenti di chi vive all’interno del centro d’accoglienza. Nei giorni successivi è stata montata un’inferriata per impedire agli ospiti della struttura di scavalcare.

Il “medico” di Alan Kurdi senza vergogna: i malati italiani con il coronavirus? Prima vengono i migranti



Italiana, classe 1985, Caterina Ciufegni, medico, ha scelto di salire sulla nave Alan Kurdi per assistere i migranti soccorsi nelle acque del canale di Sicilia. Non ha paura del coronavirus. “La vita delle persone che muoiono nel Mediterraneo”, dice a Repubblica, vale di più. “La volontà di salvare chi, pandemia o non pandemia, sale sui gommoni per fuggire da torture e dalla guerra, era prevalente”, spiega al giornalista in un’intervista pubblicata ieri sullo stesso quotidiano.

Dopo una settimana al largo delle coste siciliane, domenica il Viminale ha assicurato che, nonostante i porti chiusi per l’emergenza sanitaria, non avrebbe “fatto mancare l’assistenza umanitaria ai migranti nello spirito di solidarietà già mostrato in tutte le altre precedenti occasioni”. La soluzione individuata dalle autorità italiane è quella del trasferimento dei naufraghi su una nave che verrà scelta con il supporto tecnico della Guardia Costiera, dove i migranti verranno controllati dalla Croce Rossa e sottoposti ad un periodo di quarantena.

Al termine dell’isolamento preventivo i 149 profughi soccorsi dalla nave della Ong tedesca Sea Eye verranno ricollocati in Germania. Il governo di Berlino avrebbe già dato rassicurazioni in questo senso alle autorità italiane. Si parla di “concreta disponibilità” ad accogliere i migranti, che arrivano per la maggior parte da Bangladesh, e da Marocco, Algeria, Chad, Sudan, Ghana, Siria. Le persone a bordo, assicura la dottoressa toscana, “non hanno sintomi da Covid”.

“Nessuno – ha assicurato a Repubblica – ha febbre, tosse o difficoltà respiratorie, nonostante stiano esposti al vento sul ponte di poppa”. Quando sono saliti sulla nave, racconta la giovane dottoressa, tutti hanno “chiesto notizie sul Covid”. Ma non è di certo il virus a fermarli, aggiunge. Quando la Alan Kurdi ha preso il largo da Burriana, in Spagna, due settimane fa, a bordo c’erano un centinaio di mascherine chirurgiche, guanti e tute di protezione, ha raccontato Ciufegni al quotidiano che l’ha intervistata.

Altri dispositivi sono stati forniti dalla Guardia Costiera italiana nei giorni scorsi. Ma i diciassette membri dell’equipaggio quando sono fra di loro non indossano i dispositivi di protezione.“La Alan Kurdi è piccola, molti di noi condividono la stessa cabina”, spiega. L’obbligo di portare le mascherine c’è soltanto con i migranti, mentre il protocollo da seguire con i casi sospetti è l’isolamento “nella cabina più vicina al bagno”.

“Sulla Alan Kurdi siamo in 166, e stiamo cercando di convivere in situazioni più che estreme”, ammette però la dottoressa. Insomma, il rischio che sulla nave possa scoppiare un focolaio esiste. “Quando siamo saliti su questa barca non l’abbiamo fatto di certo a cuor leggero”, va avanti il medico, che però è convinta che “di fronte a persone che scappano dalle torture, il coronavirus passi in secondo piano”.

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