venerdì 22 febbraio 2019

SOLDI DA UN DELINQUENTE: PADOAN, ARRIVA LA FINANZA! Così finanziava la campagna elettorale il burattino della massoneria bancaria



Si muove la Guardia di Finanza per fare luce su un finanziamento sospetto usufruito dall’ex ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan proveniente dall’imprenditore Antonio Moretti, agli arresti domiciliari dal 26 novembre con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’autoriciclaggio.

Nel mirino dei finanzieri, riporta il Fatto quotidiano, un appuntamento elettorale – Padoan alle ultime elezioni si è candidato nel collegio di Siena – che si è tenuto a Foiano della Chiana il 22 febbraio scorso. Il sospetto è che in quell’incontro fu proprio Moretti a pagare il catering. Nessuno dei due, né Padoan né Moretti, è indagato.

Ma è intorno a loro che ruota l’indagine: nell’informativa la Gdf sottolinea il “presunto avvicinamento” di “Moretti – direttamente o per il tramite della compagna Paola Santarelli (anche lei non indagata, ndr) – nei confronti di alcuni esponenti di istituzioni pubbliche”.

Tra questi, Padoan e l’avvocato Giuseppe Fanfani, ex sindaco di Arezzo e all’ epoca membro laico del Csm”.

Travaglio lancia un siluro a Renzi: "Arresti abnormi? Dovevano finire in galera!"


Marco Travaglio nel suo editoriale di oggi commenta le dichiarazioni di Matteo Renzi sull’arresto dei suoi genitori, accusati di bancarotta fraudolenta e false fatturazioni insieme all’imprenditore ligure Mariano Massone.

 L’ex premier ieri si è sfogato dicendo: “I domiciliari per i miei genitori sono abnormi”. Travaglio osserva sul Fatto Quotidiano: “E ha ragione: due persone normali, con quelle accuse, sarebbero in galera”.

 Il giornalista scrive anche che “Renzi apprendeva dell’arresto dei genitori e strillava al complotto a orologeria dei magistrati per eliminarlo per via giudiziaria (come se non ci avessero già pensato più volte gl’italiani per via elettorale) e impedirgli di ‘cambiare l’Italia’, senza neppure pagare il copyright al titolare di quelle parole d’ordine'”.

 Ovvero Silvio Berlusconi, il quale “gli manifestava la piena solidarietà, rammentandogli però che con la sua ‘riforma della giustizia’ certe sconcezze – tipo l’arresto di due sospettati di più bancarotte fraudolente con 724 mila euro di fatture false o gonfiate – non accadrebbero più”.

 Travaglio ne ha anche per il Partito Democratico, che “si autoimbavaglia sulla loro svolta impunitaria pro Salvini, impegnato com’è a difendere non un ministro indagato per una scelta di governo, ma due privati cittadini fermati dai gendarmi per evitare che continuassero a costruire società fittizie, intestarle a prestanome, svuotarle e poi farle fallire”.

La Chiesa: gli italiani devono ospitare i migranti


ROMA – Dopo le dichiarazioni di Papa Francesco sull’immigrazione, sottolineando come anche Gesù fosse un migrante, ora si muovono anche preti e vescovi italiani. Il loro ragionamento è molto semplice: le strutture della Chiesa Cattolica, essendo al collasso e non avendo più spazio, chiedono una sorta di “collaborazione” con i cittadini italiani.

Il primo ragionamento è: dove si mangia in 3 si può mangiare in 4. Sono le testuali parole di un prete in Sicilia in un’omelia domenicale esortando i fedeli a fare un po’ di spazio a casa per ospitare chi arriva dall’Africa. Molto spesso poi si appellano al fatto che nelle case c’è sempre una mezza stanza libera.

Un prete, in una piccola parrocchia della Puglia, faceva notare come spesso i suoi fedeli sono possessori di un divano-letto e che potrebbe essere sfruttato per dare un tetto per la notte a qualche migrante.

L’ultimo ragionamento in questione riguarda anche lo spazio in casa. Secondo tantissimi preti e vescovi, gli italiani vivono in case troppo grandi per loro e sovradimensionate per il numero di persone che ci abitano. In parole povere, se vivete in 4 in un appartamento per 6 persone potreste ospitare un paio di migranti per ogni casa. Il tutto senza nessuna collaborazione sulle spese, giusto una benedizione.

E mentre i deputati cattolici stanno presentando un disegno di legge che “obbligherebbe” chi ha stanze in disuso o peggio case sfitte ad ospitare i migranti senza fissa dimora, la Chiesa Cattolica fa sapere che la maggior parte delle risorse derivanti dall’ 8 per mille delle dichiarazioni dei redditi, saranno indirizzate alle strutture per i migranti. Il tutto mentre ci sono sempre più italiani in coda alle mense o alle strutture notturne della Caritas.

Salvini sempre piu popolare,tanti risultati tra cui sbarchi meno 65% e i politici europei iniziano a copiarlo


Salvini naviga nello tsunami politico europeo. E si sente a suo agio. La sua linea discorsiva, supportata dai fatti, sembra "dargli ragione" tra gli elettori, e ha iniziato a espandersi all'interno del blocco comunitario.

Salvini: l'Italia non tollererà il discorso delle Nazioni Unite sulla migrazione

"In questi cento giorni in carica quello che è successo è che Matteo Salvini ha vinto la partita di entusiasmare gli italiani. Egli è riuscito a operare bene politicamente in particolare nel panorama dei media, è molto più presente rispetto ad altri.

E la Francia è una conferma vivente che questo clima di inclemenza in politica attraversa tutte le difese del blocco comunitario e diventa la sua forza in diversi protagonisti del vecchio continente. Marine Le Pen ha preso nota di ciò che sta accadendo in Italia e lo ha trasferito al suo elettorato all'inizio del corso, e con un occhio alla prossima primavera.

Nella città meridionale di Frejus, il leader del Rally Nazionale (RN con il suo acronimo francese), ha ritenuto statistiche dei loro vicini: "Il numero di richiedenti asilo in Italia dopo l'avvento al potere di Salvini è sceso del 65%. [...] si deve imporre una politica di immigrazione deterrente in Italia ", ha detto tra gli applausi.
E non solo ha brandito la Lega Salvini come esempio. Lo ha fatto anche con l'FPÖ dell'Austria, sottolineando che la forza delle loro idee lì è già diventata carne al potere, così come in Ungheria e Polonia, e ha richiamato l'attenzione su ciò che è accaduto nelle recenti elezioni in Svezia.

Né chi è al potere sembrano collaborare nel difendere stiva della diga. E 'stato proprio il presidente della Francia, Emmanuel Macron, che è tornato a generare rifiuto alla classe politica piena e la società del paese in generale. In una giornata aperta al Palazzo dell'Eliseo, nella preoccupazione disperata di un cittadino disoccupato di 25 anni per trovare lavoro, Macron ha risposto: "attraversare la strada e si trova un lavoro."

"Non può un capo di stato ad avere questo atteggiamento rimproverare un disoccupato che è colpa loro non avere un lavoro. Che arroganza può costare caro," capisce Dromundo, spiegando che "Macron non è stato popolare da quando è diventato presidente . ha promosso una serie di riforme che non sono state accettate da una larga parte della popolazione, [che] ha portato numerose manifestazioni contro".

Come se le cose non fossero già abbastanza rivolte, il palazzo che ha ricevuto il presidente dell'Ungheria la scorsa settimana nel discorso sullo stato dell'Unione, è stato monumentale. Il processo disciplinare votato contro di lui per le sue politiche sull'immigrazione ha scosso la famiglia del Partito popolare europeo e li ha lasciati come un pollo senza testa.

Baldaccini Daniele
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Salvini propone di imporre crocifissi nelle scuole, la Boldrini lo attacca, Berlusconi rivendica l'idea



Roma. Mateo Salvini, ha presentato una proposta di legge per introdurre l'obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole, nelle università pubbliche, negli ospedali, nelle carceri, nelle stazioni, negli aeroporti, nelle sedi diplomatiche, "in un luogo elevato e visibile" .

La proposta della Lega, prevede l'introduzione di crocifissi nelle assolutamente tutti gli edifici pubblici in Italia, considera multe fino a 1.000 euro per gli individui o istituzioni a ritirare "l'emblema della croce o edificio pubblico crocifisso nella che è esposto ".

L'iniziativa è stata criticata da una parte dell'opposizione mentre Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, ha rivendicato la paternità della proposta. "Crediamo che sia un simbolo identificativo che rappresenta la nostra storia, non solo religiosa ma anche culturale e valori", ha difeso Annagrazia Calabria, leader della sezione giovani di Forza Italia.

"Un governo che si rispetti dovrebbe, prima di tutto, fornire alle scuole insegnanti qualificati e ben retribuiti, palestre accessibili e, soprattutto, edifici sicuri", ha denunciato Laura Boldrini, ex presidente della Camera dei Deputati e deputata del partito progressista. Liberi e Uguali, scissione del Partito Democratico, molto critico nei confronti della proposta ligure.

La formazione guidata da Salvini rianima una storica battaglia, tuttavia, non è stata accolta con entusiasmo da un ampio settore della Chiesa cattolica italiana, critico della politica migratoria intrapresa dal ministro degli Interni transalpino. "La croce è un segno di protesta contro il peccato, la violenza, l'ingiustizia e la morte. Non è mai un segno di identità ", ha denunciato Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, la rivista storica fondata dalla Compagnia di Gesù, riferimento per le pubblicazioni cattoliche in Italia.

La religione è sempre stata nel DNA della Lega Nord e Salvini non ha evitato di mostrare simboli cristiani durante eventi pubblici. La prima è stata la Bibbia durante l'ultimo atto di campagna in piazza del Duomo a Milano. Più recentemente il capo della Lega ha prestato giuramento come ministro del nuovo governo con il rosario in mano.

Baldaccini Daniele
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Giorgia Meloni, la furia dopo la richiesta di risarcimento dei migranti della Diciotti: "Siamo alla farsa"


Difficile dirlo con parole migliori rispetto a quelle di Giorgia Meloni: "Siamo alla farsa", tuona la leader di Fratelli d'Italia. Si riferisce alla richiesta di risarcimento avanzata dai migranti a bordo della Diciotti al nostro governo.

"Ormai l'Italia viene trattata come lo zimbello del mondo intero e ci ridono proprio in faccia. Quarantuno immigrati della nave Diciotti chiedono un risarcimento al Governo italiano perché non sono stati fatti sbarcare subito.

Perché li abbiamo fatti sbarcare - sottolinea -, li abbiamo accolti, li stiamo mantenendo ma li dovevamo far sbarcare subito.

Un risarcimento che va dai 40 ai 70 mila euro a testa. Somme che milioni di italiani non hanno mai visto", conclude una giustamente furibonda Meloni.

Matteo Renzi, orrore del grillino Michele Giarrusso: "Deve essere impiccato"


Dopo il gesto delle manette, il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso continua a far parlare di sé. Intervenuto ai microfoni de La Zanzara, intervistato da Giuseppe Cruciani, si è lanciato in altre improvvide dichiarazioni: "Matteo Renzi andrebbe impiccato".

Un’uscita che ha scatenato l’indignazione non soltanto dell’ex premier, travolto dalla bufera dopo la notizia dell’arresto dei genitori, ma di tutto il Partito Democratico. L’intervento al programma radiofonico ha così fomentato le polemiche tra Pd e M5s.

Le acque, in realtà, erano già burrascose ancor prima del gesto "manettaro": i pentastellati, dopo il referendum sulla piattaforma Rousseau, hanno negato il processo a Salvini, così i piddini hanno li accusati di essere caduti irriducibilmente nelle mani del leader della Lega.

È diventato virale il video in cui i senatori del Pd urlavano al senatore Giarrusso "Onestà!", e lui, per tutta risposta ha incrociato i polsi, alludendo al fatto che i "colleghi" non fossero i più idonei a dare lezioni circa la saldezza dei prinicipi visto come è finita ai genitori di Renzi.

 Tra l’altro, anche gli stessi conduttori radiofonici sono rimasti piuttosto sorpresi dalle dichiarazioni di Giarrusso, il quale ha rincarato la dose aggiungendo: "Renzi è uno che non ha mai lavorato un giorno in vita sua, perché non ditemi che lavorare a casa del papà dove sono tutti precari tranne lui, significhi lavorare. Renzi, perciò, sarebbe da impiccare (…)

Sì, insomma avete presente la cosa che si fa su un albero, attaccando la corda?". Renzi, intanto, ha risposto a questa pesante dichiarazione scrivendo sul suo account Twitter: "Se pensano di farmi paura, hanno sbagliato bersaglio".

La Littizzetto si rende ridicola, sempre e solo parolacce, altri temi non ne ha


All'ultima puntata di Che tempo che fa non poteva mancare la consueta razione di insulti e parolacce di Luciana Littizzetto, la comica preferita di Fabio Fazio.

Nel mirino della Littizzetto ci finiscono le parole di Lorenzo Fontana, neo-ministro per la Famiglia e vicesegretario della Lega, il quale ha detto che "le famiglie arcobaleno non esistono". La Littizzetto parte con una balla, affermando che Fontana avrebbe detto che "le coppie gay non esistono".

Ovvia la differenza tra ciò che ha detto il leghista e quanto riportato dalla Littizzetto. Dunque, aggiunge: "Non ho niente contro Fontana... Ho tanti amici fontane, ma che facciano le fontane a casa loro". Dunque, l'insulto: "Se devo scegliere un Fontana scelgo Jimmy Fontana, che cantava Il mondo non si è fermato mai un momento, non questo Fontana, che sembra si sia fermato al Medioevo". Eccovi servito il servizio pubblico di Rai1...

Matteo Salvini risponde agli immigrati della Diciotti che vogliono un risarcimento: "Sapete cosa vi do?"


I migranti della Diciotti, come è noto, vogliono chiedere un risarcimento al governo italiano: fino a 70mila euro per il presunto "sequestro" per il quale il tribunale dei ministri vorrebbe processare Matteo Salvini. Per Giorgia Meloni si tratta di una farsa.

E una risposta agli immigrati che reclamano il risarcimento è arrivata anche dal ministro dell'Interno, che su Twitter ha scelto il registro ironico (e graffiante): "Mi permettete di rispondere con una grassa risata? Tutti nati il primo gennaio, tutti scomparsi, ora vorrebbero un risarcimento in denaro... BASTA prendere in giro gli italiani! La pacchia è finita e i barconi non arrivano più!".

Piuttosto definitivo. Inoltre, nel corso di un comizio in Sardegna, ha aggiunto: "Il risarcimento? Al massimo gli diamo un Bacio Perugina".


Giuseppe Conte alle corde, lo sfogo: "A cosa mi hanno ridotto Matteo Salvini e Luigi Di Maio"


Semplicemente stravolto. Le voci rilanciate dal Corriere della Sera sono piuttosto inquietanti: danno conto di un Giuseppe Conte in riserva, assoluta.

Si legge infatti che ai piani alti di Palazzo Chigi i funzionari di vecchia data si sfogano in questo modo: "Ormai facciamo solo ratifiche di trattati internazionali o di provvedimenti europei".

Insomma, tutto stagna: dalle semplificazioni alla riforma del codice degli appalti, dal blocco degli investimenti alla missione tecnica dei 300 ingegneri chiamai a rivoluzionare le spese pubbliche. Dunque, il premier: Conte viene descritto dai suoi collaboratori come "stanco, sfibrato dalle continue mediazioni, da un clima che lo costringe ad essere continuamente un arbitro tra due litiganti", i quali ovviamente sono Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i due vicepremier che sono i veri "capi" di questo esecutivo.

Il Corsera dà conto anche di uno sfogo, privato, del premier: "La funzione esecutiva così si è ridotta ad un arbitrato costante dei conflitti tra i due vicepremier". Già, un Conte sfibrato, esausto, da tempo esautorato. L'ultima vicenda a provarlo è la Tav, sulla quale non si arriva a una decisione.

Il tutto in attesa delle probabili conseguenze del voto di domenica in Sardegna, che con discreta approssimazione sarà una nuova Caporetto per il M5s. Un flop dagli esiti imprevedibili ma che per certo farà sentire le sue ripercussioni anche all'inquilino di Palazzo Chigi, sempre più stravolto e impotente.

Roberto Formigoni, condanna a 5 anni e 10 mesi in Cassazione: l’ex governatore lombardo dovrà andare in carcere


L'ex governatore della Lombardia condannato in via definitiva per corruzione nel processo per il crac delle fondazioni Maugeri e San Raffaele.

Pena abbassata rispetto ai 7 anni e 6 mesi inflittigli in appello. Per effetto della cosiddetta legge Spazzacorrotti, il reato è stato inserito tra quelli cosiddetti "ostativi", che impediscono di chiedere misure alternative. Per il "Celeste", quindi, si aprono le porte della prigione

Più informazioni su: Antonio Simone, Cassazione, Corruzione, Fondazione Maugeri, Inchiesta Maugeri, Pierangelo Daccò, Roberto Formigoni, San Raffaele Roberto Formigoni, ex presidente della Lombardia e già senatore, è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione nel processo per il crac delle fondazioni Maugeri e San Raffaele. Lo ha deciso la Cassazione, che ha respinto anche gli altri ricorsi dei coimputati. I giudici di piazza Cavour hanno abbassato la pena rispetto ai 7 anni e 6 mesi inflitti in appello perché hanno preso atto che una parte delle accuse, in particolare quelle relative al San Raffaele, erano prescritte. I magistrati hanno anche confermato la condanna a 7 anni 7 mesi per Costantino Passerino, ex direttore generale della Fondazione Maugeri, e a 3 anni e 4 mesi per l’imprenditore Carlo Farina.

Ora la decisione della Suprema Corte sarà trasmessa alla procura generale di Milano per l’esecuzione della pena. Per effetto della cosiddetta legge Spazzacorrotti, il reato di corruzione è stato inserito tra i cosiddetti reati “ostativi” che impediscono di chiedere misure alternative. Per il “Celeste”, quindi, si aprono le porte del carcere. Non appena verrà trasmesso il dispositivo, il sostituto pg Antonio Lamanna, titolare del fascicolo, emetterà l’ordine di esecuzione della pena. Ordine che verrà immediatamente eseguito a meno che, come probabile, Formigoni non si costituisca spontaneamente.

All’ex presidente della Regione Lombardia è contestata una corruzione fatta di cene, viaggi e gite in barca. Divertimenti e anche un acquisto agevolato di una villa in Sardegna. Tutto pagato con i soldi fuoriusciti dalla casse dell’istituto Maugeri di Pavia e dell’ospedale San Raffaele di Milano. Per questo il pm di Milano Laura Pedio durante il processo di primo grado ricordò come “70 milioni di euro” erano stati “tolti ai malati per i suoi sollazzi”. Una “serie di utilità” per favorire i due enti lombardi con delibere di giunta per circa 200 milioni di rimborsi pubblici.

Il pg: “Attenuare la pena sarebbe come calpestare la legge” Il pg della Cassazione Luigi Birritteri, chiedendo la conferma della pena inflitta in appello a 7 anni e mezzo, durante la requisitoria aveva contestato un “imponente baratto corruttivo… tenuto conto del suo ruolo e con riferimento all’entità e alla mole della corruzione, che fanno ritenere difficile ipotizzare una vicenda di pari gravità“. Il rappresentante dell’accusa aveva chiesto anche di non attenuare la pena per Formigoni ed evitare “che la legge possa essere calpestata con grida manzoniane. Per il magistrato la mole delle prove era “imponente” ed è stata “ulteriormente corroborata” dal concordato in appello di Daccò e Simone. L’ex numero uno del Pirellone è stato condannato sia in primo che in secondo grado con una pena più dura rispetto a quella inflitta dal Tribunale.

“A Formigoni utilità per 6,6 milioni” – Secondo quanto hanno ricostruito dagli investigatori della Guardia di Finanza, tra il 2001 e il 2011, dalle casse della Fondazione Maugeri e del San Raffaele (reato ormai prescritto) sono usciti rispettivamente 70 milioni e 8-9 milioni di euro. Un fiume di denaro che poi era transitato attraverso i conti di società “schermate” con sede all’estero, per poi tornare nella disponibilità dell’imprenditore e faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore regionale Antonio Simone (entrambi hanno patteggiato in appello, ndr) ed essere messi a disposizione di Formigoni e degli allora vertici del Pirellone. Per lui e per il suo entourage Daccò e Simone avevano organizzato vacanze ai Caraibi, o su yacht in Costa Azzurra e in Sardegna, cene in ristoranti stellati e hanno fatto recapitare intere casse champagne.

A questi benefit si aggiungono diverse migliaia di euro di contributi elettorali e una villa in Costa Smeralda venduta da Daccò all’amico storico del Celeste, il commercialista Alberto Perego, a un prezzo decisamente inferiore a quello di mercato. Proprio il professionista si era offerto di acquistare l’immobile che è stato sequestrato dopo la sentenza di primo grado. In cambio, il Pirellone aveva approvato diverse delibere di giunta, modificato la legge sul no profit e riconosciuto fondi per le funzioni non tariffabili, per favorire la Maugeri e il San Raffaele con oltre rimborsi pubblici. Il meccanismo si è interrotto con i problemi finanziari dell’ospedale fondato da Don Verzè, che era quasi fallito, dal quale sarebbero emerse prove “di pagamenti costanti di utilità a Formigoni per 6 milioni e 600 mila euro per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio”. Formigoni ha sempre negato le accuse. Ma dai suoi conti correnti nel corso degli anni sono usciti pochi soldi e per importi bassi, né è stato mai in grado di presentare scontri o ricevute di pagamento.

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