mercoledì 15 aprile 2020
CORONAVIRUS È MUTATO IL 9 FEBBRAIO: CEPPO EUROPEO È PIÙ CONTAGIOSO
Il coronavirus è mutato, adesso esistono almeno due grandi ceppi: c’è il Covid originale, il cinese, e quello europeo-americano frutto di una mutazione.
L’analisi dei loro genomi ha permesso di coglierne alcune importanti differenze e capire come mai sia diventato così contagioso.
I ricercatori dell’università del Maryland (con il pioniere delle ricerche sull’Aids Robert Gallo e l’italiano Davide Zella) insieme ad un’equipe del Campus Biomedico e dell’Area Science Park di Trieste, leggendo l’Rna lettera per lettera, hanno scoperto delle varianti che lo renderebbero potenzialmente più contagioso. La “colpa” è di un enzima essenziale per la replicazione del virus chiamato polimerasi Rna dipendente.
Dopo aver analizzato 220 genomi del virus fra le migliaia sequenziate e pubblicate online dagli scienziati di tutto il mondo, i ricercatori italiani ed americani hanno puntato l’attenzione sulla mutazione dell’enzima della polimerasi. “Nel nostro database – come hanno scritto sulla rivista Journal of Translational Medicine – la prima comparsa di questa mutazione è del 9 febbraio in Gran Bretagna, quando un drammatico incremento dei pazienti infettati in Europa viene registrato dall’Oms”.
Questo cambiamento del genoma, oltre a rendere potenzialmente più contagioso il Covid, lo rende anche più instabile: è il materiale genetico del virus l’oggetto del cambiamento. I coronavirus, infatti, non possiedono il Dna ma una molecola simile, l’Rna. Cosa accade, quindi? In pratica, ogni volta che il genoma di un organismo si replica, avvengono degli “errori di trascrizione” come nel caso del ceppo europeo ed americano del Coronavirus (l’uno è il derivato dall’altro: il contagio negli Usa proviene soprattutto dall’Europa). A causa della mutazione del 9 febbraio, quindi, sembra avere un “correttore di bozze” particolarmente distratto che favorisce la proliferazione di copie un po’ diverse dall’originale.
“Il tasso di mutazione dei virus a Rna è molto alto, fino a un milione di volte più alto di quello dei loro ospiti: questo serve al virus per adattarsi, modulando la sua virulenza” scrivono gli scienziati. Circolando e replicandosi in un numero di individui così grande, come sta avvenendo oggi, le possibilità di mutazione non fanno che aumentare ulteriormente.
Se il Covid-19 continuasse a cambiare, anche di poco, i suoi connotati, c’è un rischio concreto che possa diventare irriconoscibile per la memoria del sistema immunitario nelle persone guarite o vaccinate o che impari a resistere ai farmaci, rendendo quindi inutili vaccini e terapie. Molti degli antivirali usati oggi negli ospedali cercano di neutralizzare l’enzima polimerasi.
“Il nostro risultato ci aiuta a comprendere meglio il comportamento del virus” spiega Massimo Ciccozzi, epidemiologo molecolare del Campus Biomedico e direttore dell’unità di statistica medica. “In prospettiva, ci aiuterà a mettere a punto un vaccino specifico e a capire quali sono le terapie più adeguate”.
Tutti i virus mutano. Ma questo signorino è un po’ strano. Parte in Cina, dove non tocca né la capitale amministrativa né quella economica. Poi si diffonde in Europa e muta diventando più mortale.
Anche se è un comportamento naturale dei virus, basti ricordare le tre ondate della ‘spagnola’, con la seconda estremamente più mortale della prima, e la terza in calo ma comunque sempre più devastante della prima.
Comunque, non si vede perché essere possessivi verso questa mutazione e non estenderla anche agli altri continenti e Paesi, prima fra tutti la Cina. Condividiamo.
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